“Prendersi cura del prossimo” possiamo dire che è la sintesi della vita cristiana: “Amare Dio e il prossimo”, racchiude tutto l’insegnamento etico e spirituale del vangelo, a tal punto da non poter dire di amare Dio se non ci prendiamo cura del prossimo, se non abbiamo “compassione” (“soffrire con”) dell’altro, se non ci facciamo carico della “povertà” e dei bisogni di chi incontriamo sul nostro cammino, proprio come avviene nella famosa parabola del “Buon samaritano”. ...(continua a leggere)
Il tema del “prendersi cura” è quello scelto dalla Diocesi di Andria, come programma pastorale di quest’anno, ispirato dalla Lettera Pastorale che il Vescovo mons. Luigi Mansi ha inviato alla comunità diocesana: “Sono tante le forme di povertà oggi …Situazioni di fragilità le troviamo ancora nella popolazione anziana e abbandonata, ma anche nel mondo degli adolescenti e dei giovani, spesso soli e in balia di ogni illusione… Sono situazioni gravi di povertà nelle quali emerge e si fa forte la disperazione del cuore, la depressione, l’ignoranza e la solitudine che non risparmia niente e nessuno”. La Chiesa non può non farsi carico, non prendersi cura, delle persone che in tanti modi vengono offese nella loro dignità o manipolate da occulti “briganti”, continuando ad usare l’immagine della parabola; è questa la sua missione specifica: “non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo afferma il Concilio Vat. II, nella Gaudium et Spes al n.1.
Tra le realtà e gli ambiti dei quali oggi c’è bisogno di prendersi cura, per le persone coinvolte e la grande diffusione che hanno, c’è quello della comunicazione di massa, e in modo particolare il mondo dei social. Una comunicazione distorta e volutamente falsa, inevitabilmente crea relazioni malate e opinioni manipolate, che ledono la dignità delle persone e condizionano la loro libertà. Vittime, sicuramente i giovani, ma non solo, dal momento che orami l’utilizzo degli strumenti digitali coinvolgono allo stesso modo anche la popolazione degli adulti. La comunità cristiana non può rimanere indifferente, passare oltre facendo finta di non vedere, né la battaglia contro le fake news può essere affidata, come invoca qualcuno, soltanto alla tecnologia, per esempio affidando ad una società terza che inserisce accanto alle notizie pubblicate un semaforo verde o rosso per segnalare la veridicità o meno di quello che si pubblica, come ha ipotizzato qualcuno. Credo che sia invece piuttosto un problema di formazione delle persone, allenarle ad usare la propria testa, sviluppando quel pensiero critico che decodifica il messaggio ricevuto. Bisogna far capire ai giovani perché alcune notizie arrivano sui loro schermi e che questo può dipendere dalle ricerche che hanno fatto, dai siti che hanno frequentato, dai dati che hanno lasciato nella navigazione in internet. E’ aiutare i ragazzi a sviluppare il pensiero critico, magari mostrando, per esempio, come delle fonti del giornalismo di qualità, orientate diversamente, possano dare in maniera di versa la stessa notizia. Bisogna aiutare i giovani e, comunque, chi fa un abbondante uso dei social, che la tecnologia di per se non è né buona, né cattiva, ma neanche neutrale, e che quindi i motori di ricerca, le piattaforme di chat o i social network, non sono luoghi imparziali, non hanno come criterio unico la comunicazione della eventuale verità, ma soprattutto la quantità delle notizie, delle relazioni e condivisioni. E’ dimostrato, per esempio, come sostiene Roger McNamee, tra i primi investitori in Facebook e oggi molto critico di questo e di altri colossi che cercano di manipolare le scelte degli utenti, che “quando gli utenti sono arrabbiati, consumano e condividono più contenuti”, per cui se sei arrabbiato, aggredisci, hai reazioni di pancia, reagisci nell’immediato, allora sei utile a rendere virale il contenuto. Naturalmente, più relazioni e più introiti da parte di chi gestisce la piattaforma e, conseguentemente più notizie che fanno infuriare e si avranno più reazioni. E’ tutto studiato scientificamente. Le notizie fake servono anche per accendere i dibattiti, interventi degli utenti, oltre che per orientare opinioni e creare eventuali consensi: non importa se aumenta il tasso di litigiosità, si creano potenziali nemici o si disgrega una comunità! Inoltre, altro dato da non trascurare, come cinicamente ricorda lo psicoterapeuta Andrew Lewis, “se non state pagando qualcosa non siete un cliente: siete il prodotto che stanno vendendo”.
E’ importante “prendersi cura” di un mondo, quello digitale, continuamente in espansione, che rischia di condizionare pesantemente i rapporti e le relazioni, in nome, ancora una volta, del profitto! Di qui l’importanza di una azione pastorale che abbia cura della formazione di coscienze adulte e vaccinate.
Direttore dell’ Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali