di Michele Palumbo....riprendiamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 22 aprile 2015 (commento all'articolo di Mons. Felice Bacco pubblicato sulla stessa Gazzetta il 15 aprile 2015....sotto riportato)
Su queste pagine si è aperta una bella e franca discussione sulla satira, anzi sui limiti eventuali alla satira. Personalmente avevo già espresso la mia opinione, che a beneficio dei lettori ribadisco: se c’è (e c’è) libertà di idea, c’è anche libertà di parola e
quindi pure libertà di stampa e naturalmente di satira. Ma questa libertà, si è chiesto e si chiede mons. Felice Bacco, parroco della cattedrale di Canosa, è assoluta?
La risposta non può, quando si parla di idee, essere che sì, sì la libertà di idea è assoluta. E quindi anche la libertà di espressione di quelle idee deve essere assoluta e, conseguenza, la libertà di stampa (in riferimento alle idee, non ovviamente ai fatti che non possono essere ‘liberamente’ né ignorati né travisati) e di satira è egualmente assoluta. Se così non fosse, ci sarebbe una questione immediata da risolvere: quali sono le idee che non possono essere espresse sulla stampa (anche satirica)?. E chi, ed
in nome di cosa, dovrebbe stabilire cosa si può dire, disegnare e scrivere? E’ evidente, per quanto mi riguarda, che l’orizzonte della libertà di stampa, e di satira, non può essere il divieto e la censura.
Don Felice Bacco, con il gradevole garbo che lo contraddistingue anche quando discute in contraddittorio, ha replicato a questa mia presa di posizione ed ha risposto in questo modo: “Quando si affrontano tematiche religiose (non dimentichiamo che la discussione sulla libertà di satira è nata a margine del terribile attentato contro i disegnatori ed i giornalisti della rivista francese “Charlie Hebdò”, ndr), che quindi coinvolgono la sfera più intima della persona umana, qual è la coscienza, non è giusto, né ‘ra gionevole’, a mio modesto avviso, cadere nella blasfemia, in quanto non può e non deve esistere un diritto ad offendere i valori intimi dell’altro o degli altri! La religione non è semplicemente un’idea o u n’opinione, ma è intimamente legata alla dignità stessa della persona, al suo essere, alla sua coscienza e mai e nessuno può concedersi il diritto di violentare la coscienza di un altro”.
Come (contro)rispondere a don Felice Bacco, sacerdote colto ed illuminato? Provo a fare un ragionamento: in realtà il concetto di offesa non è tanto nella satira, ma in colui che si sente offeso dalla satira.
Spiego: se tutti avessimo un sincero e anche minimo distacco pure da ciò in cui crediamo, l’ironia e la satira non ci sembrerebbero offese, ma situazioni a cui potremmo anche giustamente rispondere, replicare. Al contrario, se ciò che in cui crediamo lo consideriamo intoccabile è evidente che l’ironia e la satira ci pare un intollerabile dileggio. E’ il nostro considerare intoccabile, non criticabile, non oggetto di ironia qualcosa che fa nascere in noi l’idea dell’offesa. Se avessimo più ironia ed autoironia non grideremmo mai alla lesa maestà di alcunché.
E a prova di questo ragionamento, voglio portare la vicenda di Charles Philipon, giornalista, disegnatore e caricaturista francese (1800-1861).
Philipon diresse numerosi giornali satirici e su uno di questi fogli, “La Silhouette”, pubblicò una sua vignetta-caricatura contro il re Luigi Filippo d’Orleans. Una vignetta che vedeva trasformare il volto del re progressivamente in una pera. La caricatura, pubblicata nel 1830, venne considerata scandalosa. Il re si infuriò, i giudici intervennero, la censura si diede da fare, ci fu anche un processo che si concluse con una condanna a sei mesi di carcere ed una multa di 1.000 franchi. E questo perché Philipon aveva osato disegnare la testa del re a forma di pera.
Oggi la vignetta di Philipon ci fa sorridere, ma il Re, che non ammetteva che ci potesse essere nei suoi confronti una critica e men che mai un divertente dileggio, considerò quella caricatura un’offesa, uno scandalo, un’invettiva oscena e scurrile. E invocò ed ottenne la censura, la multa, il carcere. Appunto: l’offesa, lo scandalo, l’oscenità, a pensarci bene, non sono presenti nella vignetta del caricaturista francese, ma è il re a ritenere che ci sia tutto questo per un semplice motivo: si ritiene intoccabile.
Ritorniamo, dunque, alle domande iniziali: chi deve decidere cosa è intoccabile? E alla premessa che poi è anche la conclusione: per la satira non esiste nulla di intoccabile, altrimenti diventa greve, volgare, scandalosa anche il disegnare un re con la testa a forma di pera.
Non penso di essere riuscito a far cambiare idea a don Felice Bacco, rimane però il piacere di discutere con lui.
Scusate qualche parola.
mons. Felice Bacco.....dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 15 aprile 2015.
La libertà (anche di satira), le idee e la religione
Torno sull'argomento riassunto dall'amico Palumbo su queste pagine con la domanda: la libertà di opinione e di espressione deve essere assoluta? Egli risopnde argomentando: "... è evidente che ogni singola libertà deve tener conto di altre singole libertà e, quindi, nei fatti e nelle azioni il problema non si pone".
Dal punto di vista delle idee, invece, continua Palumbo: "... quando si parla di idee, la libertà è assoluta. Se c'è libertà di idea, c'è anche libertà di parola e quindi pure libertà di stampa e naturalmente di satira".
Liquidando sbrigativamente il problema, viene da pensare che le due precedenti affermazioni, nel passaggio tra la libertà delle idee, assoluta, e la libertà di espressione, che delle idee si fa portavoce e di conseguenza si manifesta agli altri con conseguenze che toccano la responsabilità di chi comunica e dei possibili destinatari, appaiano e siano contraddittorie, ma proviamo ad approfondire.
Siamo d'accordo con l'amico Palumbo che la libertà di idea può essere assoluta, in quanto rimane una questione di pensiero e quindi di coscienza individuale; un eventuale pensiero blasfemo non offenderebbe ancora direttamente nessuno (al limite, il problema si potrebbe porre a livello morale, in quanto la valutazione morale riguarda non solo le azioni, ma anche le intenzioni. Anche le idee possono essere immorali!). Il problema si pone, invece, quando si passa dalla libertà di idea alla libertà di esprimerla, magari per mezzo della stampa o con disegni satirici, in quanto la comunicazione dell'idea potrebbe offendere l'altrop, procurargli sofferenza. Quando si affrontano tematiche religiose, che quindi coinvolgono la sfera più intima della persona umana, qual è la coscienza ("sacrario dove l'uomo vive l'intimità con Dio" Gaudium et Spes n.16), non è giusto, nè "ragionevole", a mio modesto avviso, cadere nella blasfemia, in quanto non può e non deve esistere un diritto ad offendere i valori intimi dell'altro o degli altri! La religione non è semplicemente un'idea o un opinione, ma è intimamente legata alla dignità stessa della persona, al suo essere, alla sua coscienza e mai e nessuno può concedersi il diritto di violentare la coscienza di un altro. Mi verrebbe da riformulare, parafrasando le parole di Voltaire, citate anche dall'amico Palumbo, la stessa affermazione laica ed illuminista del filosofo, sostenendo: "Non aprrovo la tua religione, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto a non essere offesi in nome dell'altrui libertà".
Il prof. Palumbo riprendendo le mie parole sui rischi che si correrebbero se la libertà di espressione fosse assoluta, quello per esempio di odiare o di avere idee razziste, afferma: "Certo che questo rischio esiste. Ma non possiamo neanche correre il rischio che qualcuno (chi?) debba dirci quello (cosa?) possiamo dire o non dire".
Intanto c'è la nostra Costituzione che garantisce i diritti inviolabili della persona, tra i quali (art. 21) c'è la libertà di opinione, che va equilibrata continuamente con quella dei doveri. Ci sono le leggi, che a quella Costituzione devono ispirarsi, le quali hanno proprio lo scopo di indicare e salvaguardare valori che rendono possibile la convivenza civile, individuando comportamenti illeciti che nelle giuste sedi possono essere sanzionati. E' vero, il problema è anche politico, si sposta sul piano storico, fa affidamento all'equilibrio e alla lungimiranza delle persone, ma noi abbiamo oggi riferimenti sicuri per i quali ogni e qualsiasi giustificazione sarebbe un cedimento all'arbitrio del più forte. Il razzismo , per esempio è condannato dalla legge perchè fomenta l'odio tra persone che hanno un diverso colore della pelle o una cultura diversa dalla propria. Oggi si parla molto, per esempio, della opportunità di considerare l'omofobia un reato. Ma perchè solo le offese alla religione, blasfemia compresa, debbano essere considerate come un diritto, pena l'accusa di essere catalogati come oscurantisti o poco "illuministi".
P.S. Complimenti per la scelta della gustosa vignetta correlata all'articolo.