Durante il suo intervento al Convegno diocesano il presule, ispirandosi alle parole di papa Francesco, ha chiesto alla comunità locale di saper «vedere», «entrare» e «uscire»
l 17, 18 e 19 ottobre scorso, nell’auditorium della Parrocchia delle Croci in Andria, si è tenuto il Convegno diocesano annuale.
Esso è stato introdotto la prima sera da una mia relazione nella quale, partendo dal magistero di papa Francesco ho sviluppato un ragionamento scandito in tre verbi che definiscono le cose da fare: vedere, entrare, uscire. Per il primo di
questi tre verbi, Vedere, mi è venuto spontaneo pensare a un passaggio degli Atti degli Apostoli, dove Luca dice che i membri della comunità cristiana «godevano il favore di tutto il popolo» (At 2,47). Ho così spiegato che ciò che ciò che la gente vuole e deve vedere di noi, uomini e donne di Chiesa, è lo stile di vita improntato alla fraternità e all’amore. E tutto questo non deve essere predicato e scritto, ma semplicemente si deve «vedere». Ma poi ho cercato di spiegare che se le porte della nostra Chiesa sono aperte, allora anche chi sta dentro vede quello che c’è fuori. E i rumori, i suoni, direi gli odori, gli umori della vita... tutto si vede e si sente. Le porte blindate, per quel che può servire questa immagine, proteggono, rassicurano, ma non generano vita. Il mondo, la storia, le storie degli uomini, tutto deve entrare di diritto e direi talvolta di prepotenza nelle nostre realtà ecclesiali. Così nulla ci è estraneo, tutto ci appartiene, ci è familiare. Passando al secondo verbo, Entrare, ho spiegato ai presenti al Convegno e attraverso di essi a tutti i membri della nostra
Chiesa che i nostri ambienti devono avere le porte aperte perché tutti devono poter entrare senza pagare biglietti, pedaggi, senza subire sguardi indagatori. Nessuno può essere o sentirsi padrone della propria comunità, al punto tale da
decidere chi può entrare e chi no, chi può fare qualcosa e chi no, chi è accolto e chi è escluso. E ho insistentemente chiesto che il nostro servizio sia sempre generoso, disinteressato, responsabile, distaccato. È chiaro che un ambiente così non si improvvisa da un giorno all’altro, ce lo siamo detti con estrema chiarezza e coraggio.
Occorre la formazione, tanta, tanta formazione. A tale scopo ho dato un notevole impulso per rilanciare la Scuola diocesana di formazione.
Vogliamo essere, cioè, una Chiesa che non solo distribuisce consolazione con la pratica delle devozioni e delle tradizioni locali, ma che offre pensieri e idee forti che aiutano a vivere e a dare senso a tutto, soprattutto ad affrontare le sfide del presente anche sul piano culturale, civile, sociale. Il terzo verbo, Uscire, nel contesto del Convegno diocesano, è stato un
forte invito a ridare una grande apertura missionaria alla nostra Chiesa. Un’apertura innanzitutto al territorio, a tutte quelle fasce di umanità che per i motivi più disparati sono tagliati fuori dalla nostra vita di Chiesa. Concludevo il mio intervento, invitando tutti a riscoprire quella che può essere una reale traccia per questo cammino di uscita della nostra Chiesa: si tratta delle opere di misericordia spirituale e corporale, giacché – come ci ha ricordato il Papa a chiare lettere proprio a Cracovia – l’annuncio del Vangelo e la pratica di tali opere di misericordia in definitiva sono la stessa cosa. E questo in diretta continuità con l’evento della Sacra Spina, che possiamo riassumere in un felice slogan: dall’evento della Sacra Spina all’attenzione misericordiosa verso i fratelli che sono afflitti dalle spine della vita. Insomma, ho detto che deve esser ben chiaro a tutti che nella Chiesa-edificio, nei nostri ambienti al chiuso ci dobbiamo stare il tempo strettamente necessario per la preghiera comunitaria, la celebrazione dei divini misteri e la formazione. Non è il caso di stare a bivaccare nemmeno per un minuto in più. Poi basta, dobbiamo uscire, spanderci e spenderci come semi nei solchi della storia, per fecondarla con le energie proprie del Vangelo.
Nella seconda sera i delegati delle parrocchie, riuniti in gruppi hanno approfondito la relazione iniziale e hanno formulato suggerimenti e proposte concrete che poi nella terza serata sono state fatte presenti a tutti e soprattutto a me perché da essi maturino le scelte pastorali per questo anno e per gli anni successivi. Ed è ciò che stiamo cercando di fare
insieme.
Un grazie sincero a tutti!
S.E.Mons. Luigi Mansi
articolo pubblicato domenica 4 dicembre 2016 sul giornale cattolico