Comunicazioni

La lunga marcia per far prevalere il "noi" sull' "io"...mons. Felice Bacco

E' già trascorso qualche giorno dalla pubblicazione diun articolo di Eugenio Scalfari dal suggestivo titolo:“Quella brutta bestia che è l’io”. Ho avuto modo diconfrontarmi sull’argomento con non poche personein questo periodo e ho riscontrato in molte di loro scetticismo ecritica per il titolo e il contenuto dell’articolo, ritenuto troppoforte e pessimista. Non ho alcuna intenzione di difendere Scalfari, che sicuramente non ha bisogno delle altrui condivisioni,tuttavia, al contrario di coloro che non lo hanno apprezzato, hotrovato le sue argomentazioni di grande profondità, il testo diviva attualità e interesse, oltre a ritenerlo in perfetta sintoniacon tutta una tradizione spirituale cristiana e ascetica. Probabilmente, l’espressione “brutta bestia”, che usiamo spesso perindicare qualcosa di fortemente negativo per la nostra salute,
riferita al nostro “io” appare mortificante e pessimistica quando“osa” definire l’intimo della persona umana, quell’io che costituisce l’essere umano, nelle espressioni più profonde del suovivere, con cui, quasi come con uno specchio, ci scopriamo, ciconfrontiamo, ci valutiamo, ci amiamo e ci rifiutiamo, ma le cuivalutazioni riteniamo che spettino solo a se stessi, mai agli altri.....continua a leggere

Se pensiamo alla spiritualità cristiana, non possiamo non affermare che la vita cristiana stessa si configura come lotta o“battaglia”, direbbe san Paolo(1Tim.6,11-16), con il nostro “io”,che tende a ripiegarsi su se stessoe a pensare al proprio egoisticobene individuale, a quello che gliè comodo, facile e gli procura piacere. Gesù stesso ha posto tra lecondizioni per essere Suoi discepoli quella di “rinnegare se stessi” (Mt. 16,24), cioè il proprio “io”.
In questo momento penso allostraordinario libretto dell’Imitazione di Cristo, che ha convertitosant’Ignazio di Loyola. Al trentasettesimo capitolo, dal titolo “L’assoluta e totale rinuncia a sestesso per ottenere la libertà dispirito”, possiamo leggere: “O figlio, abbandona te stesso, e mitroverai. Vivi libero da preferenze, libero da tutto ciò che sia tuoproprio, e ne avrai sempre vantaggio; che una grazia sempre piùgrande sarà riversata sopra di te, non appena avrai rinunciato ate stesso… O Signore, quante volte dovrò rinunciare, e in quali cose dovrò abbandonare me stesso? Sempre, e in ogni momento,sia nelle piccole che nelle grandi cose. Nulla io escludo: ti voglio trovare spogliato di tutto…Più presto lo farai, più sarai felice”.
Penso anche agli esercizi spirituali dello stesso sant’Ignazio ealla metodologia del discernimento degli spiriti, o agli scritti spirituali di tanti Santi e Sante della Chiesa, che sono riusciti avincere con la Grazia di Dio le pressioni e i condizionamentidell’”io” e della sua presunzione di sostituirsi a Dio. Certo, sonoforti e suggestive le parole di Scalfari, da laico qual è, quandosostiene che “l’io è una brutta bestia, ciascuno di noi lo sa peresperienza diretta. Ti morde il cuore, ti becca il cervello, si agitadentro lo scafandro-prigione nel quale l’hai rinchiuso, picchiacolpi sordi alle tue interne pareti…. Vuole essere preso in considerazione, manifestarsi, essere guardato e ammirato. Da chi?
Da te, naturalmente. E tu muori dalla voglia di ammirarlo…. Illato comico e paradossale della situazione sta nel fatto che noiescludiamo con tutte le nostre forze che quel desiderio esista
dentro di noi. Noi non sappiamo e anzi neghiamo che esso siaall’origine di tutte le passioni, gli amori, gli odi che alberganonell’animo nostro, perfino di quello che chiamiamo il sentimen-
to morale…il sentimento morale come effetto dell’amore di sè…”.
Ritengo ci sia tanto da imparare, nella nostra quotidiana “battaglia” con le pressioni del nostro ego. Noi cristiani confidiamoanche e soprattutto nella grazia di Dio che i Sacramenti ci donano. I Sacramenti ci sostengono in questa “lotta” contro leinsidie del nostro “io”, quell’altro da me, ci donano la forza pervivere la vita nuova nel Risorto. Senza Sacramenti rimaniamo acombattere da soli, con le nostre sole forze. Questa “lotta” caratterizza l’intero cammino della vita cristiana, con il prevalere,ora dell’”io” e quindi del peccato, ora del “tu” e del “noi” e quindidell’amore, della condivisione, della santità.
Purtroppo, questa esasperata esaltazione dell’”io” oggi caratterizza molta della cultura dei nostri tempi e ne permea il pensiero dominante, come anche l’illusione che il bene del singolopossa prescindere da quello comune, quello dell’”io” da quellodel “noi”. Ho letto la recensione del libro del rabbino ingleseJonathan Sacks, dal titolo “Non nel nome di Dio”, in cui sisostiene che l’uomo d’oggi dimentica che siamo interconnessi gliuni con gli altri e conseguentemente ne deriva un grande bisogno di moralità, la necessità di assegnare al “noi” il suo postoprimario rispetto alla scala dei valori. Anche i social, secondo ilparere dell’autore, hanno mutato la natura dell’incontro interpersonale, ponendo il sé, l’autostima, l’individualismo, l’autorealizzazione, l’autoespressione e non la società, al centro dellavita. Lo scrittore aggiunge che bisogna ripartire dalle parole cheDio disse a Mosè: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lev.19,18). Oggi più che mai, alla luce di tutto quanto l’umanitàsta vivendo a causa della pandemia Covid 19, risuonano profetiche e di valore universale le parole che il Papa pronunciò il 27marzo dalla piazza deserta di San Pietro: “Ci siamo resi conto ditrovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati … ma chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.
Su questa barca…ci siamo tutti”.
* Parroco della Cattedrale di San Sabino - Canosa