Ma la Puglia del Sacro tenga in conto Canosa... Anche San Sabino nel futuro «itinerario»

SANTUARIO DEI PELLEGRINI COME MONTE SANT’ANGELO E SAN NICOLA A BARI.

di FELICE BACCO* E PASQUALE IEVA**

Concentrando l’attenzione su specifiche località pugliesi, non di rado è trascurata la storia millenaria di Canosa. È il caso, l’ultimo in ordine di tempo, della proposta presentata sulle pagine della «Gazzetta» dello scorso 5 dicembre, in cui si auspicava di legare i due itinerari sacri per Monte Sant’Angelo e per la Basilica di San Nicola a Bari, in «un progetto di turismo religioso, culturale e paesaggistico-ambientale, in grado di produrre conoscenza e di promuovere l’economia dei territori interessati».

Ma la storia religiosa della Puglia è stata caratterizzata dalle vicende non solo di questi due santuari, ma anche da quelle di altri non minori e similmente importanti, come il Santuario di S. Sabino a Canosa. Ecco perché, dopo aver consultato il prof. Cosimo Damiano Fonseca, confortati da quanto egli stesso da anni ha avuto modo di ribadire, ci permettiamo di fare qualche considerazione.

Superfluo qui ricordare la rilevanza di questa città nella Puglia paleocristiana e la figura del suo vescovo più conosciuto, «l’uomo di Dio» (il vir Dei come amava denominarlo S. Gregorio Magno papa nei suoi Dialoghi), nonché far riferimento alla viabilità e alle antiche strade romane, principalmente la Minucia e l’Appia-Traiana, su cui insisteva la città, punto nodale sulla direttiva Roma-Brindisi e poi per la Via Egnazia, come ricordato da Strabone che la poneva con Celia, Nezio e Cerdonia sulla strada che portava

a Benevento e di lì alla Capitale. Città ben evidenziate nella celeberrima Tavola di Peutinger (o Carta Teodosiana), copia del XII-XIII secolo di u n’antica carta romana che mostrava le vie militari dell’I m p e ro.

Questi itinerari rendevano protagonista la strada, intesa come mezzo di transito e di trasporto tramite il contatto con altri costumi e altri popoli. La terra calpestata è la polvere di tante città illustri delle quali molte diventano centri di religiosità, quale rappresentò appunto Canosa con i tanti pellegrini qui in sosta «obbligata», diretti a Roma, in Terra Santa, sul Gargano, mossi dalla determinazione di voler raggiungere i luoghi sacri, per devozione o per penitenza.

E pellegrini venuti da lontano erano pure l’Aquitano cieco, sordo e deforme, recatosi a Canosa per chiedere a S. Sabino un miracoloso intervento taumaturgico, come pure lo Spagnolo Gregorio affetto da grave malattia, che «si portava qua e là per i diversi santuari per ottenere il miracolo della guarigione», prima di varcare finalmente i limina dei santi vescovi canosini e in particolar modo quella della tomba di Sabino, nell’antica chiesa dedicata a S. Pietro (Anonimo, Vita ), i cui resti furono traslati nell’attuale Cattedrale nell’VIII sec.

Giova ricordare l’attività della longobarda Teoderada, moglie di Romualdo duca di Benevento, giunta a Canosa per l’inventio (la scoperta) della tomba di Sabino, fino a quel tempo rimasta a tutti ignota, ma in realtà per «approvvigionarsi» di reliquie del santo vescovo, per continuare il proposito di Arechi «di fare di Benevento una città-reliquiario, il sancta sanctorum della devozione nella Longobardia meridionale » (Chronicon Vulturnense 1130 ca. - Ms. presso Biblioteca apostolica Vaticana, cod. Barb. lat. 2724).

Nella Cattedrale di Canosa erano custodite importanti reliquie provenienti dalla Terra Santa: due sacre spine, portate secondo la tradizione da Boemondo I d’Altavilla e altrettante pietre intrise del sangue di Gesù recuperate ai piedi della croce, sul calvario (Card. C. Baronio 1598, G.M. Maranzani 1608, G. Silicio 1677), in più tesori d’arte quali segni di devozione straordinaria come l’icona della Madonna della Fonte e il crocifisso di avorio.

Essa, per le spoglie del Santo taumaturgo, nonché per le numerose reliquie, divenne un importante santuario sempre più frequentato sia dai Pugliesi che da altri che venivano da paesi lontani, reputata «uno dei più importanti Santuari, sicché tutti i capitoli delle cattedrali della Puglia usano non solo ritenere come presenti, ma anche ammettere alla divisione le Dignità e quei canonici che si recano a Canosa per venerare San Sabino, proprio come avviene allorché si recano al Santuario garganico di San Michele e al Santuario di San Nicola» (A.A. Tortora, 1758).

E tanto è provato pure dalle spille in fusione di piombo con appiccagnoli complanari (le quadrangulae), rinvenute in sepolture medievali durante gli scavi effettuati nei pressi del mausoleo di Boemondo, con l’effige degli Apostoli Pietro e Paolo, che rappresentavano i Signa Peregrinationis, ossia la prova per i pellegrini di aver raggiunto il luogo sacro per espiare i loro peccati o

semplicemente per devozione, di cui una è esposta nel Museo dei Vescovi Mons. F. Minerva, a Canosa, simile a quella ritrovata a Siponto e a quella con l’immagine di S. Nicola recuperata negli scavi archeologici nella Cittadella Nicolaiana di Bari.

Pertanto, è auspicabile che si realizzi il «progetto di turismo religioso», ma è d’uopo fare attenzione a non escludere dagli itinerari anche il Santuario di S. Sabino, tappa fondamentale per concludere devotamente un percorso di fede.

 

* Parroco della Basilica Cattedrale di Canosa

** Presidente della Società di Storia Patria sezione di Canosa

 

......dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 27 dicembre 2014

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Nome File articolo su san sabino del 27 dic 2014.pdf Dimensione File 405 Kilobytes Tipo File pdf (application/pdf) Caricato il Saturday, 27 December 2014 Autore Domenico Zagaria Modificato il Saturday, 27 December 2014