San Sabino e l’iconografia un binomio d’arte a Palazzo Minerva.....In mostra l’opera di Giovanni Boccati da Camerino

Giunge, come ogni anno, la festività patronale invernale, dedicata al ricordo della morte del Vescovo Sabino, accaduta il 9 febbraio

del 566 d.C. A distanza di 1449 anni dalla scomparsa del Santo Patrono e figlio illustre della Canosa tardo imperiale, continuano ancora le stime e i confronti storici, assolutamente necessari a comprendere l’importanza che ebbe questo personaggio, non solamente nei secoli del governatorato di Bisanzio, ma sino ai primi anni del XIX secolo, con il governo di Ferdinando IV di Borbone.

La festività vuol ricordare nel raccoglimento, il momento più alto e al tempo stesso, il momento di inabissamento della Storia di questa Città, poi schiacciata e devastata a tal punto dalle invasioni barbariche, da ridursi a un semplice villaggio che le cronache

di viaggio del XVIII e XIX secolo, ricordano come addossato sul solo fianco di una collina. La Canusio sabiniana, nata innestandosi

sulle preesistenze romane e greche, semplicemente convertendo templi pagani in avveniristici templi cristiani, dedicati ai Santi Martiri d’Oriente e d’Occidente, era nel VI secolo il simbolo della fusione culturale tra l’Oriente custode delle antiche tradizioni dell’Impero Romano ed un Occidente decaduto, in cui la stessa figura del Pontefice di Roma rischiava di perdere il suo Primato Petrino.

Le Arti, giunte in soccorso al Vescovo canosino per porre in essere il suo progetto simbolico di fusione tra Culture, hanno espresso nei secoli quel dualismo sociale che Savinus volle nella sua città, in quanto egli stesso fu ritenuto per meriti diplomatici, l’unico a poter fronteggiare le molte crisi tra il Papato di Roma e l’Oriente di Giustiniano o, meglio ancora, di Teodora. In tal senso, il “Museo dei Vescovi mons. Francesco Minerva”, sede decretata ormai da oltre un anno a narrare la Storia della città e della Diocesi Primaziale e Palatina di Puglia, dedica uno spaccato di approfondimento al rapporto tra Sabino e l’iconografia mariana, attraverso

l’esposizione di alcune opere appartenenti alla Basilica Cattedrale.

Dall’Icona della Madonna della Fonte, passando attraverso la quadreria ufficiale della Basilica Palatina, dando importanza e risalto ad un progetto ormai annuale, che vede la presenza del pittore Giovanni Boccati da Camerino (Camerino 1420 circa – Perugia post 1480).

L’opera, di eccezionale pregio artistico, appartenente alla Collezione della Banca Intesa San Paolo, custodita a Bari presso la Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto, raffigura la scena di banchetto tra San Sabino e il re goto Totila. Si tratta di un frammento di una grande pala d’altare, composta da quattro formelle nella parte inferiore e una grande formella centrale con l’immagine della Madonna in trono, circondata da Santi e Saggi. La tematica dell’incontro, rappresenta uno dei punti focali della Vita del Santo Sabino, ricordata in primis nei Dialoghi di San Gregorio Magno, sino all’opera sulla Storia della Chiesa di Canosa del prevosto Angelo Andrea Tortora.

L’incontro, dai contenuti oscuri ma dai risvolti salvifici per Canosa e per tutta la Diocesi, è il centro focale di una delle formelle più interessanti dell’opera realizzata da Giovanni Boccati da Camerino.

Boccati da Camerino, gioca proprio attorno al rapporto diplomatico col re goto Totila, fermato dalla insolita espressione Viva questa mano!, pronunciata dal Vescovo Sabino durante il fatidico banchetto col re sopracitato, il quale la interpretò come sicura profezia di fortuna in battaglia.

Poco tempo prima, San Sabino aveva riferito a San Benedetto che Roma sarebbe stata rasa al suolo dalle truppe di Totila; di riflesso il venerando Santo, gli rispose che Roma non sarebbe crollata sotto le mani di Totila, ma sconquassata da terremoti ed eventi funesti, l’ultimo e più punitivo di tutti, fu la peste nera del 590 dopo Cristo, sotto il pontificato di Gregorio Magno. Sabino, quindi, disse una falsità al re goto? Certamente ne aveva da guadagnare, considerando che il re non toccò né fece distruggere nulla o nessuno, che appartenesse alla Diocesi dell’anziano presule.

Proprio al rapporto con San Benedetto, in mostra sarà esposto un quadro inedito, raffigurante la Madonna di Montevergine, del XVIII secolo. La tela, come sarà spiegato nella esposizione, rappresenterebbe un collegamento diretto tra la Basilica Cattedrale e un Monastero Benedettino, dedicato a San Quirico, fondato in età sabiniana e soppresso anche nelle murature, dopo secoli di abbandono, durante l’epoca del governo di Gioacchino Napoleone.

Una nuova esposizione, voluta da mons. Felice Bacco e curata da Sandro Giuseppe Sardella, dall’antichista Valentina Pelagio e dalla Event Planner Michela Cianti, a simbolo di un ricordo forte ed indelebile che lega Canosa al suo illustre Santo: l’Episcopus Savinus de Canusio.

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Nome File Allegato senza titolo 00003.pdf Dimensione File 189 Kilobytes Tipo File pdf (application/pdf) Caricato il Saturday, 07 February 2015 Autore Domenico Zagaria