Il nostro tempo la libertà di odiare e la libertà d’amare...Felice Bacco

Dopo l’attentato alla sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, si è sviluppato in Francia, ma non solo, un grande dibattito sulla libertà di espressione e sui diritti di libertà in genere. Le domande di fondo che animano il dibattito sono soprattutto queste: è possibile porre dei limiti alla libertà o deve essere assoluta? Se si accettasse la seconda affermazione, dovrebbe essere garantito anche il diritto alla libertà di blasfemia? Proseguendo su tale strada, si potrebbe anche ipotizzare il diritto ad odiare o ad avere opinioni razziste con tutte le conseguenze, già sperimentate in passato ed ancora oggi? (vedi l’articolo su “La libertà di odio che divide la Francia” di Enrico Franceschini e Anais Ginori, pubblicato martedì 10 marzo su Repubblica).

Con quali strumenti ci si difende quando si ritiene che il comportamento di altri abbia leso la libertà individuale o quella di gruppo? Basterebbe rileggere alcuni articoli contenuti nella prima parte della Costituzione della Repubblica Italiana per ottenere

delle risposte. Tuttavia, vale la pena animare la riflessione.

Sicuramente la libertà è uno dei beni più preziosi conquistati e custoditi nella democrazia moderna, è un diritto fondamentale della persona umana, ma la storia degli uomini e degli Stati dimostra che ancora oggi essa è interpretata a varie latitudini in modi estremamente diversi e con esiti spesso dirompenti. Anche questo è un argomento di estremo interesse, come dimostra quanto è accaduto in Francia e quanto avviene sotto mentite spoglie in altri angoli della Terra. Libertà e intolleranza sono antitetiche e inconciliabili. “Lo stato democratico –ha scritto sempre su Republica lo studioso francese Tzveta Todorof, noto anche in Italia per alcuni suoi saggi è espressione della volontà popolare e contemporaneamente protezione delle libertà individuali, che deve difendere insieme a una pluralità di valori come la sicurezza, la giustizia, l’eguale dignità di tutti. Tali valori tendono a limitarsi l’uno l’altro. E la politica di uno Stato è sempre un compromesso tra valori diversi. Limitare la libertà d’espressione non significa introdurre una censura oscurantista ma assumersi le proprie responsabilità”.

Quello della libertà è un tema molto caro anche a noi cristiani che consideriamo la famosa “situazione dell’a l b e ro ” della Genesi (la proibizione divina di mangiare i frutti di un albero) come la rivelazione della libertà della persona umana sin dall’origine della creazione. Dio concede ad Adamo ed Eva la possibilità di aderire liberamente al Suo Progetto di vita o, come suggerisce il serpente, di prendere il Suo posto: “Sarai come Dio, stabilirai tu ciò che è bene e ciò che è male” ( G e. 3 , 6 ) .

Con questa seconda opzione il solo “io” diventa fondamento del bene o del male. Ognuno, da solo, stabilirà quello che è bene per sè. Tolto Dio e il Suo progetto dalla propria vita, l’uomo non avrà altro dio all’infuori di se stesso. In questo caso la libertà dell’individuo diventa assoluta, in quanto egli solo stabilisce ciò che è bene per sé indipendentemente dal bene degli altri. Non c’è responsabilità nei confronti di alcuno, tanto meno rispetto al progetto creazionale di Dio, alla Sua verità sulla persona umana. Ciò che noi chiamiamo “pecc at o ” non è semplicemente e prima di tutto la trasgressione di una legge divina, ma la ribellione, la rottura, la negazione della relazione con Dio, è ‘mettersi in proprio’ considerando il bene come il risultato esclusivo ed escludente dei propri desideri e della propria volontà.

Sicuramente c’è anche un principio laico, non confessionale, sempre valido, secondo cui la libertà della persona ha come limite la libertà dell’altro. Ma, anche in questo caso, vengono posti dei limiti alla propria libertà: l’altro, la sua sensibilità e il suo vissuto. Non è dunque assoluta, la libertà, non è senza alcuna limitazione!

Ritornando sul tragico evento di Parigi, la domanda è se è lecito offendere la religione, il credo e la fede di una persona.

Papa Francesco ci ha fatto capire, con il suo modo di intervenire franco e diretto, da alcuni giudicato estemporaneo, che la religione è tra gli affetti ed i valori più cari e intimi del credente: “Se uno parla male di mia madre, io gli dò un pugno”!

L’immagine usata, che nessuno può immaginare possa incitare alla violenza, spiega che non si può trattare la fede o la religione come una semplice opinione, perché essa coinvolge i sentimenti più forti, la stessa coscienza delle persone.

Bisognerebbe invece coniugare la libertà con la responsabilità, la libertà individuale con il rispetto e l’amore per l’altro. E’ quindi l’amore il criterio di discernimento: la libertà è sicuramente un diritto fondamentale, ma il suo uso non può offendere nessuno. La libertà va illuminata, guidata dalla carità, dal bene dell’altro, che va sempre salvaguardato. In tal modo, sia il credente che il non credente possono incontrarsi sulla base della reciproca consapevolezza dei limiti della libertà, nel rispetto anche dei diversi valori religiosi che non possono essere dissacrati e sacrificati sull’altare di un presunto diritto alla libertà assoluta individuale. Il cristiano va anche oltre e ritiene, alla luce degli insegnamenti evangelici, che la persona è tanto più libera quanto più ama.

La festa di Pasqua, già celebrata dal popolo di Israele come memoria della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, nella luce del mistero della morte e resurrezione di Gesù Cristo, realizza il “passa g gio” dalla schiavitù del peccato alla libertà, la libertà d’amare! Gesù è l’uomo pienamente libero, perché ha amato ogni creatura fino al sacrificio della croce. L’Amore è quindi la bussola che deve guidare la libertà perché sia vera e sincera; l’Amore è la Verità che deve aiutarci a discernere le scelte affinchè queste siano veramente libere, responsabili.

“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giov. (8,32).

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Nome File articolo del 26-3-2015.pdf Dimensione File 154 Kilobytes Tipo File pdf (application/pdf) Caricato il Thursday, 26 March 2015 Autore Domenico Zagaria