Storia - San Sabino - Documenti e opere
San Sabino, nacque a Canusium, antica e ricca città romana distrettuale della Regio Secunda Apulia et Calabria, da una nobile famiglia romana che si identifica come proveniente dalla Sabina.
Molto poco è noto sulla sua vita, di cui nulla di certo sulle sue origini e su ciò che compì prima del suo vescovato urbano.
Tuttavia, dalle frammentarie note agiografiche, emerge prorompente la notevole importanza di questo personaggio, sia da un punto di vista religioso che politico. La sfera d'importanza entro cui l'Episcopus Savino operò, supera largamente i confini territoriali della natìa Canusium, rientrando di fatto in quei complessi avvenimenti accaduti nel VI secolo d.C., che succedettero alla fine dell'Impero Romano d'Occidente e alla nascita di un Romano Impero Barbarico.
Fonti eccezionali per la conoscenza agiografica di questo personaggio storico oltre che Santo, sono gli Atti del Concilio di Costantinopoli del 536 d.C. e i Dialoghi di San Gregorio Magno; quest'ultima fonte sarà la base documentaria su cui, al principio del IX secolo d.C. (855-860 d.C.), un Anonimo presule e viaggiatore, ne dettò la Vita.
Di quest'ultima fonte più tarda, le varie letture ed interpretazioni ne hanno rivelato un'attenta e scrupolosa veridicità, confermata in larga parte dalle ultime campagne archeologiche di scavo così come dalle numerose scoperte archivistiche e bibliografiche nei vari archivi storici.
Tornando all'opera agiografica, conosciuta come la Vita Sancti Savini, bisogna specificare che se non è nota l'identità della penna che lo produsse, è assolutamente nota la committenza che la richiese: l'Episcopus Pietro de Canusii, successore di San Sabino al soglio episcopale della città di Canosa nel IX secolo d.C. e responsabile della traslazione delle spoglie mortali del Santo dall'originario ed ignoto sepolcro nella Basilica dei SS. Giovanni e Paolo. Questo importante presule canosino, oltre alla fonte preziosa dei Dialoghi di San Gregorio Magno, aveva conosciuto i passi salienti della vita di San Sabino, attraverso le narrazioni che gli anziani sacerdoti si tramandavano oralmente.
Queste basi documentarie, si tradussero – grazie all'Anonimo – nella più antica trattazione sulla vita di San Sabino. L'opera del IX secolo, ci è pervenuta in due codici: il codice della Chiesa di Bari (comunicato ai Bollandisti dal Beatillo) e il codice della Chiesa di Capua, studiato da Silvestro di Aiossa della parrocchia di San Silvestro in Capua (Acta SS Feb. 11,310-331).
Informazioni dalla Vita Sancti Savini dell'Anonimo
Attraverso la lettura integrale in latino dell'opera, nota come Vita Sancti Savini, emergono alcuni fattori eccezionalmente importanti su San Sabino:
1. Visse ai tempi dell'Imperatore Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus, meglio noto come Giustiniano I il Grande o Magno (Tauresio 11 maggio 482 d.C. – Costantinopoli 14 novembre 565 d.C.), regnante dal 1 agosto 525 d.C. al 14 novembre 565 d.C.
2. Fu amico fraterno di San Germano, vescovo di Capua dal 516 al 541 d.C.
3. Fu amico e collaboratore di San Benedetto da Norcia (Norcia, 480 circa – Montecassino, 21 marzo 547 d.C.)
4. Godeva della stima di Papa Gelasio I (492-496 d.C.)
Queste straordinarie informazioni orali, si arricchirebbero al vasto operato narrativo e storico sulla vita del Santo, presente nei Dialoghi di San Gregorio Magno, di cui l'opera dell'Anonimo sembra quasi una splendida appendice di approfondimento. Dall'esame comparativo tra i testi, emergono queste ulteriori informazioni:
1. San Sabino partecipò ai tempi di Papa Bonifacio II (papa dal 22 settembre 530 d.C. al 17 ottobre 532 d.C.), al III Sinodo Romano del 531 d.C. (7-9 dicembre) in cui il Papa Bonifacio presentò una costituzione attraverso la quale ribadiva il diritto di nominare il proprio successore, come aveva già fatto il suo predecessore Simmaco nel 499 d.C.
2. San Sabino partecipò al Concilio di Costantinopoli (dal 13 maggio 535 al 4 giugno 536 d.C.), promosso dall'Imperatore Giustiniano I, col ruolo di legatus di Papa Agapito (Papa dal 13 maggio 535 al 22 aprile 536 d.C.) e di Presidenza della Commissione vescovile latina al Concilio.
Gli anni dal 530 al 536 d.C., rappresentarono il culmine di prestigio sociale di San Sabino nella politica ecclesiastica italiana ed estera, in un quadro storico dal 535 d.C., decisamente disastroso. Di fatti, proprio durante il Concilio costantinopolitano, scoppiò in Italia l'ormai attesa ma temuta guerra Greco-Gotica, che durò 18 anni e produsse risultati così sanguinosi e distruttivi, da far dimenticare completamente l'aureo periodo imperiale romano d'Occidente di cui a Bisanzio si conservavano gelosamente ancora tutti i precetti e le funzioni.
TAVOLA CRONOLOGICA SINTETICA DELLA VITA DI SAN SABINO
SAN SABINO nei documenti della storia
Il motivo che ci spinge a raccogliere i dati storici della vita del nostro Santo Patrono e a pubblicarli, auspicandone la diffusione, nasce dalla consapevolezza, maturata in questi anni, che San Sabino, Vescovo della Diocesi Primaziale di Canosa, sia stato trattato male dalla storia. Nel corso degli anni la sua vita, ma soprattutto la sua opera, è stata quasi dimenticata, fino a rendere il personaggio un perfetto sconosciuto, quasi ridotto ad essere ricordato come un mito del passato, di cui si conosce ben poco e, in gran parte, frutto della fantasia inventiva di agiografi poco credibili. Eppure non sono molti i Santi dei primi secoli dell’era cristiana, la cui vita e le cui opere sono così documentate, anche da fonti ufficiali, come quelle del Santo Vescovo canosino.
A Canosa poi, sono tante le prove archeologiche che continuano ad affiorare e che dimostrano la grande capacità ‘imprenditoriale’, direbbe il prof. Giuliano Volpe, già Rettore Magnifico della Università agli Studi di Foggia, del Vescovo canosino: edifici di culto restaurati o ristrutturati per diffondere la fede cristiana (per esempio il complesso del battistero di san Giovanni, l’affascinante complesso di san Leucio … ), basiliche costruite ex novo (san Pietro e l’attuale cattedrale, come è stato dimostrato ultimamente…). Sono ormai tanti i ‘mattoni sabiniani’ (caratterizzati dal monogramma del Santo, la “S” di Savinus e la croce) rinvenuti non solo a Canosa, ma anche in alcune città e territori limitrofi (Barletta, Trani, Canne …), che costituiscono una prova evidente del suo lavoro, finalizzato a rendere visibili i simboli della cristianità in un momento di notevole diffusione del cristianesimo anche sul territorio meridionale.
Del resto non dobbiamo pensare che il ruolo del vescovo durante i primi secoli si limitasse all’azione pastorale e liturgica. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) si creò un grande vuoto di potere e una destabilizzazione delle istituzioni politiche che lo gestivano, per cui il Vescovo, autorità riconosciuta dalla comunità, aveva anche altri compiti nell’ambito della vita cittadina: punto di riferimento autorevole per tutto quello che riguardava il bene della comunità civile e religiosa. Possiamo dire che quella forma di collateralismo, che porterà nel Medioevo alla identificazione del potere religioso con quello politico, nasce inizialmente dall’esigenza di avere figure carismatiche di ampio respiro le quali, in qualche modo, guidassero le città e fossero un punto di riferimento per tutti. La Chiesa, quindi i vescovi, esercitarono un ruolo di supplenza per ridare ordine e organicità alla vita amministrativa e religiosa delle città. I molteplici edifici costruiti durante l’episcopato di San Sabino, furono pensati, progettati e collocati in maniera strategica anche per garantire la sicurezza della città e il controllo del territorio (cfr. G. Volpe, “Il complesso episcopale di San Pietro nel quadro di Canosa paleocristiana”)(1).
Non sono pochi gli Atti, quindi parliamo di documenti ufficiali, che attestano il ministero pastorale di San Sabino, i suoi interventi come delegato pontificio o come consigliere di diversi Papi che servì con fedeltà. Possiamo dire che ha amato e servito la Chiesa universale, sia promuovendo e difendendo le verità di fede definite dai primi Concili, (il Concilio di Nicea del 325 definisce le due nature di Gesù, quindi la Sua divinità; il Concilio di Efeso del 431 proclama la divina maternità di Maria; il Concilio di Calcedonia del 451 ribadisce la divinità di Gesù), sia difendendo e promuovendo l’unità della Chiesa, attorno al Vescovo di Roma, successore di Pietro.
Difensore e promotore dell’unità della Chiesa
Sicuramente San Sabino fu un appassionato e illuminato difensore dell’ortodossia della fede in un periodo molto delicato della storia della Chiesa, spesso caratterizzata da correnti eretiche, alle volte vere e proprie fazioni, che mettevano in serio pericolo la sua unità. Siamo anche in contesto storico particolare in cui l’egemonia dell’Impero Romano d’Oriente, dopo la caduta di quello d’Occidente (476), si manifesta nelle rivendicazioni dell’imperatore di Bisanzio e della Chiesa d’Oriente.
San Sabino amò la Chiesa fino a spendere buona parte della sua vita e delle sue energie per mediare e promuoverne l’unità, a servizio del successore di Pietro, garante e segno visibile di comunione. E’ storicamente provato che partecipò ai due Concili tenutisi a Costantinopoli, nel 525 con la delegazione presieduta da Papa Giovanni I, e nel 535 a fianco di Papa Agapito alla morte del quale successe come capo delegazione; nel 531 era presente al Sinodo Romano.
Sabino partecipa al Concilio di Costantinopoli del 525
La sua presenza a Costantinopoli nel 525 è ormai certa anche se il suo nome non figurava tra i delegati, nelle notizie che ci fornisce l’Anonimo Valesiano; più precisamente, è menzionato un certo “Sabino campano”, che non può che essere Lui (2). Il prof. Anselmo Lentini, già nella sua relazione al IV Congresso Nazionale di Studi Romani del 1938, dimostra che quel ‘Sabino campanus’ non può che essere lui. Il vago riferimento ‘campanus’ va spiegato col fatto che un vastissimo territorio dell’Italia meridionale era indicato genericamente come ‘Campania’. Ribadiamo, anche alla luce di queste e di altre ‘dimenticanze’, che il nostro Sabino non è stato molto fortunato nella memoria storica del suo operato: avrebbe meritato sicuramente una considerazione maggiore nella storia della Chiesa. Sicuramente una parte di responsabilità è addebitabile ai canosini, che hanno fatto poco per conoscere e trasmettere l’operato del loro santo Patrono; ma credo di poter dire che anche Bari ha delle responsabilità, in quanto, dopo aver rivendicato la presenza del suo corpo nella cattedrale a lui dedicata, inventando una traslazione che ormai tutti considerano un falso storico, lo ha poi ‘declassificato’, preferendo il patronato di san Nicola di Mira. Oggi molti baresi ignorano che la loro cattedrale è dedicata a San Sabino di Canosa, come non lo sanno neanche molti canosini.
La sua partecipazione al Concilio di Costantinopoli del 535, invece, è più che provata e documentata, attraverso gli Atti stessi del Concilio, dove la sua firma è la prima dei delegati.
A questo proposito, mi piace ricordare la sua grande personalità e il grande equilibrio esercitato nel mediare situazioni non facili, complesse e problematiche, così come emerge dagli Atti dei due Concili a cui prese parte. Nel Concilio del 525, Sabino difese in qualche modo i Monofisisti, invitando l’imperatore Giustino ad essere meno crudele nell’imporre l’ortodossia con la forza e obbligando gli eretici monofisisti a convertirsi. Su sollecitazione del re Teodorico, monofisista, Papa Giovanni I andò con altri tre vescovi a Costantinopoli. Tutta la delegazione ebbe una grande accoglienza e Giustino promise che avrebbe attenuato la persecuzione, ma che non poteva lasciare liberi i convertiti di tornare all’arianesimo. “A causa di quest’ultimo punto – scrive padre Gerardo Cioffari – Teodorico considerò un fallimento tutta l’ambasceria. Per cui trattenne al rientro il Papa a Ravenna, mentre non si conosce la sorte di Germano e Sabino. Un risvolto negativo (della missione) fu certamente il fatto che, andando a chiedere un favore, Giovanni non poteva rivendicare il primato giurisdizionale come aveva fatto il suo predecessore, creando la sensazione che Roma si fosse rassegnata all’uguaglianza con Costantinopoli”(3). Quello del primato del successore di Pietro, verità affermata al Concilio di Calcedonia, rimase un punto ancora non pienamente condiviso dall’imperatore Giustino e quindi dalla Chiesa d’Oriente. Il Vescovo Sabino si occuperà di questa importante disputa nel secondo Concilio di Costantinopoli a cui prese parte, affrontando, ancora una volta, la questione dell’Arianesimo. Preferiamo a questo punto parlarne subito, prima di soffermarci sulla sua partecipazione al Sinodo romano.
Accanto a Papa Agapito al concilio di Costantinopoli del 535
La seconda volta che va a Costantinopoli, Sabino precede papa Agapito nel preparare il Concilio, quindi al suo fianco, interviene per destituire il vescovo eretico Antimo, monofisista, eletto dallo stesso imperatore, sotto l’insistenza della moglie dell’imperatore, Teodora (eretica) e, al suo posto, eleggono Menas.
Sabino, probabilmente, oltre a conoscere l’ambiente bizantino, in quanto era già stato a Costantinopoli, godeva di un grande prestigio presso l’imperatore e la comunità ecclesiale d’Oriente. E’ un Concilio importante perché per la prima volta il Papa elegge un vescovo nella Chiesa d’Oriente e quindi riaffermata l’ortodossia delle due nature di Gesù Cristo contro gli eretici. In tal modo viene salvaguardata l’unità della Chiesa dal pericolo della scissione e l’imperatore Giustiniano riconosce il primato della Chiesa di Roma, permettendo al Papa di sostituire il Patriarca. Dagli atti del Concilio, ha rilevato recentemente la professoressa Marina Falla Castelfranchi, risulta che quando, in assenza del Papa, presiedeva l’imperatore, il vescovo Sabino sedeva alla sua destra. Va ricordato che Papa Agapito muore a Costantinopoli ad appena un anno dalla sua elezione, e Sabino porta a termine il Concilio, firmando come capo delegazione gli atti: “Ego Sabinus Episcopus Sanctae Ecclesiae Canusinae”.
Una ipotesi sulla intitolazione della cattedrale costruita da S. Sabino
A questo punto, prima di parlare dell’intervento di san Sabino al Sinodo romano, ci piace avanzare una ipotesi sulla dedicazione dell’attuale cattedrale di Canosa, che a nostro avviso è strettamente legata alla missione di Sabino a questo Concilio. Siamo certi, anche alla luce degli ultimi interventi di restauro, che fu Sabino ad edificare la chiesa e pensiamo che questa fu da lui dedicata alla Madonna, in quanto a Costantinopoli fu riaffermata solennemente la divinità di Gesù (contro i monofisisti) e, quindi, confermata la Sua maternità divina, definita ad Efeso nel 431 (a questo Concilio partecipa il Vescovo di Canosa, Probo, a cui succede Sabino e probabilmente maestro di vita del nostro Santo). Gli elementi che sembrano confermare la nostra ipotesi circa la dedicazione mariana della nostra cattedrale sono diversi. Nell’edificare la chiesa il Vescovo Sabino intende celebrare il successo del Concilio Costantinopolitano del 535 e quindi la comunione salvaguardata tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. La tipologia costruttiva, la scelta delle cupole e dei grandi archi di collegamento tra esse, stanno a significare la comunione raggiunta tra l’imperatore Giustiniano e il successore di Pietro, Agapito, e tra le due Chiese che rappresentano le due grandi tradizioni: quella latina e quella bizantina. Sabino edifica la cattedrale avendo come modello la basilica di Santa Sofia di Costantinopoli, con il suo sistema a cupole, e la pianta della basilica di San Giovanni ad Efeso. Egli dedica l’altare della chiesa ai santi martiri Giovanni e Paolo in onore di papa Agapito, devotissimo dei due santi bizantini (suo padre era stato custode della Basilica dei martiri Giovanni e Paolo a Roma, al Celio, ed era morto durante la persecuzione seguita allo scisma laurenziano del 502). Durante la permanenza di San Sabino a Costantinopoli la cupola centrale della basilica di santa Sofia veniva ricostruita per la terza volta, dopo i crolli, e quindi ricostruita con tufelli e mattoni, esattamente come la cupola di recente scoperta nel transetto laterale della cattedrale di Canosa. Sabino, a nostro avviso, probabilmente fa venire le maestranze da Costantinopoli ed edifica una chiesa che anche nelle sua struttura celebra l’ortodossia della fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, quindi la maternità divina di Maria e la rafforzata comunione della Chiesa in Lui: tutto converge nella croce di Gesù Cristo, proprio come architettonicamente è simboleggiato nella cupola della nostra cattedrale. Non appare casuale anche la scelta di usare i due tipi di tufo (cromaticamente diversi): uno, denominato qui a Canosa “duro”, per la maggiore quantità di calcare, l’altro “gentile”, che si alternano a centri concentrici e si incontrano nell’unico cerchio centrale in cui è racchiusa la croce in pietra lavica.
La dedicazione mariana della cattedrale è anche riportata dal prevosto Tortora nella sua “Storia primaziale della chiesa di Canosa”(4), sostenuta successivamente anche dal canonico De Muro, secondo il quale Sabino portò l’icona della Madonna della Fonte da Costantinopoli. Indubbiamente la nostra immagine, secondo gli studiosi, è del XII secolo, ma potrebbe essere stata ridipinta e, pertanto, la nostra basilica sarebbe stata dedicata da san Sabino alla Madonna, poi denominata ‘della Fonte’ per la presenza su un lato della chiesa dell’acquedotto di Erode Attico (sotto l’attuale cappella dedicata alla Madonna della Fonte c’è un’antica cisterna romana). Del resto la nostra cattedrale è da sempre mèta di una forte devozione, nei secoli mai venuta meno, alla Madonna.
La partecipazione al Sinodo Romano (531)
Scrive padre Gerardo Cioffari nel suo studio già citato: “Non è impossibile che la missione di Costantinopoli divenisse per Sabino il trampolino di lancio per una carriera episcopale che lo teneva frequentemente a Roma … il papa si cominciava a circondare di tre o quattro vescovi che lo aiutavano e lo consigliavano. A questa conclusione porterebbe la riflessione che al cosiddetto Concilio romano del 531 parteciparono oltre al papa Bonifacio II (530-532) solo 4 vescovi, 40 preti, un arcidiacono e tre diaconi “(4).
Sabino partecipa accanto a Papa Bonifacio II al primo Sinodo Romano di cui si ha memoria dove, ancora una volta, vedeva in gioco l’autorità del Vescovo di Roma sulla Chiesa universale. L’illirico era sotto la giurisdizione di Roma o di Costantinopoli? Si trattava di un problema che non si limitava a ricercare le contingenti responsabilità di una persona, ma rivestiva un principio di diritto. Il metropolita Stefano di Larissa, querelato da alcuni preti, era stato invitato e poi costretto con la forza dal Patriarca di Costantinopoli a comparire dinanzi a lui, dove fu rimproverato per aver fatto appello al Vescovo di Roma. Lo stesso Stefano dovette intuire gli sviluppi che il caso avrebbe potuto avere e, anche per attirarsi la benevolenza del Papa, nel preambolo del suo appello, specificò di rivolgersi a lui come al successore di Pietro e Capo di tutta la cristianità. I nodi lasciati in sospeso da papa Ormisda per superare lo scisma acaciano ora venivano tutti al pettine, per cui mentre Costantinopoli continuava a considerare il primato legato all’importanza storica della città, a Roma si connetteva il primato al mandato di Gesù a Pietro contenuto nel Vangelo di Matteo (16, 18). Quindi possiamo ritenere che la missione a cui partecipa San Sabino è di grande importanza e molto delicata per il futuro dell’unità della Chiesa.
L’amicizia con san Benedetto
Sicuramente la grande personalità e il notevole impegno profuso a servizio della Santa Sede emergono soprattutto durante le missioni diplomatiche così come gli Atti ufficiali li documentano, ma abbiamo anche altre fonti per conoscere altri aspetti della vita e dell’opera svolta da san Sabino. In modo particolare abbiamo le diverse citazioni che il Papa San Gregorio Magno fa di San Sabino nei suoi Dialoghi. Papa Gregorio, denominato “Magno” per la grandezza del suo pontificato e delle riforme da lui realizzate nella Chiesa, monaco benedettino, fu il primo agiografo dei Santi. Dobbiamo a lui la raccolta delle vite dei Santi dei primi secoli della Chiesa, volte ad offrire dei modelli di vita cristiana, in un periodo storico piuttosto travagliato per l’Italia a causa delle continue lotte e invasioni barbariche. Tra gli episodi della vita dei Santi di cui parla nei suoi Dialoghi, sono raccontati alcuni momenti della vita del nostro Santo Patrono: la sua predicazione efficace, il tentativo di avvelenamento da parte del diacono Vindemio che aspirava a prendere il suo posto, il suo incontro con Totila che risparmia la citta di Canosa dalla distruzione, sottolineando in generale come la sua vita fosse caratterizzata dall’essere un vero “uomo di Dio”. Ma particolare risalto dà San Gregorio Magno all’amicizia di San Sabino con San Benedetto e San Germano, due tra i più grandi santi di un tempo storico sconvolto da grandi rovine e dal crollo dell’impero romano, ma contemporaneamente segnato anche da prodigiose realizzazioni, dalla salvezza della civiltà e cultura latina e dalla nascita del Monachesimo d’Occidente. Probabilmente anche di questo progetto e della regola monastica avranno parlato i due Santi; Sabino sicuramente conosceva il Monachesimo d’Oriente e la vita monastica che lì era già sviluppata, per cui non è esagerato pensare che nella Regola di san Benedetto ci sia anche la sensibilità e spiritualità del nostro Santo Vescovo. Sicuramente il segreto della sua grandezza spirituale e pastorale va anche ricercata nella sua amicizia con Benedetto e nell’aver messo la preghiera alla base della sua azione e nell’intimità con Dio. Molti i suoi colloqui con il santo di Norcia, ci raccontano i Dialoghi di san Gregorio Magno, probabilmente vissuti all’insegna di una spiritualità incarnata, di un amore per Dio vissuto nel servizio alla Sua Chiesa: un’azione nell’impegno animato costantemente dalla preghiera.
Il biografo anonimo
Ci sono anche altre fonti che parlano di san Sabino, come ad esempio quella che viene identificata come ‘Anonimo Canosino’, la cui prima parte è databile verso il IX-X secolo, la seconda un secolo dopo. In passato alcuni la consideravano poco attendibile e un po’ romanzata. Oggi, alla luce di alcune scoperte archeologiche recenti, si è portati a dire che molte cose citate dall’Anonimo, sono confermate dall’archeologia (penso agli scavi nella zona episcopale di san Pietro, al tempietto fatto costruire dalla duchessa Teodorada, alla chiesa trovata dall’equipe del prof. G. Volpe accanto al battistero di san Giovanni: Santa Maria?). L’Anonimo parla soprattutto della santità di san Sabino, della sua carità e della sua profonda spiritualità, che colpiva tutti coloro che lo conoscevano, persone autorevoli e i poveri del suo tempo.
Conclusioni
San Sabino si presenta dunque come una persona, un santo, che ha dedicato tutta la sua vita al servizio della Chiesa, delle verità della fede e dellla difesa coraggiosa del primato del successore di Pietro. Fu consigliere e servì diversi papi, che gli affidarono missioni importanti e delicate, e dalle quali desumiamo la sua grande personalità, il suo equilibrio e la capacità di creare ponti, scelte condivise, in nome della comunione e dell’unità della Chiesa. Uomo saggio e concreto, persona affidabile e credibile, conosceva bene il mondo orientale e la cultura bizantina. Tali capacità, unite alla grande esperienza, favorì non poco i suoi interventi a favore della comunione tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Egli fu un ‘uomo di Dio’, come lo definisce san Gregorio Magno che, saldamente legato agli uomini e alla storia, cercava e trovava nella preghiera, nella comunione con Dio, l’energia per spendersi completamente a servizio della missione affidatagli, forte della sua passione per l’unità della Chiesa, della sua fedeltà alle verità rivelate, maturate e insegnate dal Magistero. Egli testimoniava la necessità di una vita cristiana esemplare e la ritrovava, realizzandola, nella sintesi dell’ora et labora benedettino. Egli fu sicuramente un grande uomo ed è un grande santo nei confronti del quale la storia ha un debito di memoria e la cui vita ha ancora da insegnarci molto.
Mons. Felice BACCO, Parroco della Cattedrale Basilica S.Sabino, Canosa di Puglia
(1) Cfr. Giuliano Volpe, Il complesso episcopale di San Pietro nel quadro di Canosa paleocristiana, in Atti del Convegno – Canosa, Ricerche storiche 2003, a cura di L. Bertoldi Lenoci, Fasano 2003, pp. 89-104.
(2) Cfr. Anselmo Lentini, Due delegati papali a Costantinopoli nel VI sec. Germano di Capua e Sabino di Canosa, in “Atti del IV Congresso Nazionale di Studi Romani”.
(3) Gerardo Cioffari, in San Sabino, Uomo di dialogo tra oriente e occidente, Autori Vari, a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Edizioni Università di Trieste, Trieste 2002, pp. 49 e ss.
(4) Gerardo Cioffari, op. cit., p.4.
(5) “Nella seconda sessione, Sabino compariva sempre al primo posto dopo il papa: una cum Sabino Canosinae civitatis “. Gerardo Cioffari, op. cit.