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Caricato il Saturday, 06 June 2015
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Fonseca Cittadino Onorario di Canosa...

CANOSA. La rilevanza internazionale e l’alto livello storico-culturale del convegno di studi di quattro anni fa, rappresentati fisicamente dalla partecipazione di relatori provenienti da diversi Paesi europei e da una platea attenta e qualificata di esperti e studiosi italiani e stranieri, hanno avuto un seguito, di uguale portata, nella presentazione del volume sugli Atti di quella indimenticabile kermesse culturale. E’ stata la bellissima Cattedrale di San Sabino, stracolma di gente, la location scelta per ospitare la presentazione dei risultati di quel convegno internazionale di studio nella ricorrenza del nono centenario della morte di Boemondo I D’Altavilla (1111-2011 ). Intitolato: “Boemondo I di Altavilla, un Normanno tra Occidente e Oriente”, l’evento è stato promosso dal “Comitato Boemondo 2011”, nato su progetto della sezione locale della Società di Storia Patria, presieduta da Pasquale Ieva. Il meeting internazionale di quattro anni fa, ideato dallo stesso Comitato, si svolse sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e fu patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dall’Università degli Studi di Bari e di Foggia, dalla Società di Storia Patria per la Puglia, dalla Regione Puglia, dalla Provincia Bat, dal Comune di Canosa, dalla Basilica Cattedrale di San Sabino, dalla Fondazione archeologica canosina, dal Comune francese di Hauteville-le-Guichard, dal Consolato generale Repubblica Federale di Germania, dal Comune lucano di Venosa e si avvalse della collaborazione delle locali associazioni “F i d ap a ” e “D ro m o s. i t ” e dell’”Au f i d u s ” di Barletta.

Dello straordinario personaggio di Boemondo I di Altavilla, figlio di Roberto il Guiscardo e di Alberada di Buonalbergo, fattosi crociato e divenuto Principe di Antiochia, Canosa conserva il suo Mausoleo, all’interno del quale, durante l’incontro, sono stati ricollocati (custoditi in un sarcofago insieme ad una pergamena per ricordare lo storico evento) i resti mortali dell’av ve n t u ro s o principe normanno, studiati ed analizzati dopo il ritrovamento e conservati per anni nella Cattedrale di San Sabino.

Alla iniziale celebrazione della Santa Messa, è seguita l’esecu - zione musicale: “Boemondo alla prima crociata”, marcia trionfale

di Giacomo Tartaglia (1882); partitura per banda ricostruita e revisionata dal maestro Salvatore Sica, eseguita dall’orchestra di fiati “G. Ve rd i ”, diretta dal maestro Giuseppe Lentini.

L’apertura dei lavori è stata curata da Pasquale Ieva, presidente del “Comitato Boemondo 2011”, da mons. Felice Bacco, parroco della Basilica Cattedrale di San Sabino. E’ intervenuto Pasquale Cordasco, direttore del Centro Studi normanno-svevi presso l’Università degli Studi di Bari. Relatore è stato Francesco Sportelli dell’Università degli Studi della Basilicata.

Ha chiuso i lavori Cosimo Damiano Fonseca, Accademico dei Lincei, al quale il sindaco Ernesto La Salvia ha conferito la cittadinanza onoraria della Città di Canosa di Puglia, riconoscendogli il merito di “essersi occupato a lungo, nell’ambito della sua

intensa attività di ricercatore, della storia della nostra città, soprattutto in relazione alla sua storia

medievale e alla gloriosa vicenda della Chiesa canosina”.

La manifestazione è stata un’occasione straordinaria per riscoprire la figura di Boemondo I Di Altavilla, entrata nella storia a pieno titolo per le sue gesta eroiche e che ha voluto legare la sua vita e

la sua morte alla città di Canosa. Il Mausoleo edificato in città per conservare le sue spoglie mortali rappresenta lo storico legame che unisce e continuerà a legare in maniera indissolubile il principe normanno all’antica città dauna.  

“La identità di un popolo è memoria: non può una città conservare la sua identità – ha ribadito il prof. Cosimo Damiano Fo n s e c a – se non mantiene vivo il ricordo delle sue radici e della sua storia”. Eventi come quello celebrato ieri l’altro, permettono alla comunità cittadina di riappropriarsi del suo passato, della importanza della sua storia, e quindi maturare la consapevolezza di essere custode di monumenti, che potrebbero determinare uno sviluppo anche economico del territorio. “Durante la manifestazione –ha sottolineato mons. Felice Bacco- si è percepito nei volti dei numerosi presenti la soddisfazione di essere eredi di un grande passato e di una storia che non può essere solo scritta sui libri, ma che deve essere viva nella memoria, affinchè

possa ispirare le scelte e la vita della comunità: una comunità che, consapevole delle sue potenzialità, guarda con serenità e responsabilità il suo futuro”.

Caricato il Monday, 18 May 2015
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Canosa e il museo «dei Vescovi» preparano un’estate da record

*dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 17 maggio 2015 di Paolo Pinnelli.....riprendiamo e pubblichiamo.

Con il mese di maggio si inaugurano solitamente le attività museali e gli appuntamenti culturali, dedicati sia ai residenti che a tutti i turisti viaggianti per quello che, sempre di più, viene ormai universalmente concepito come il “sistema culturale e museale italiano”.
Anche Canosa apre i battenti della sua stagione turistica culturale, con decine di appuntamenti di maggiore e minore intensità, tutti di qualità, in cui emerge sempre più la positività della interazione e della coesistenza tra pubblico e privato, nell’ambito della gestione patrimoniale e culturale della città. Fresca dei successi delle fiere di settore e del Convegno alla FAI, la città è pronta ad affrontare nuove e stimolanti sfide, all’insegna della miglioria della ricezione e dei servizi ad essa collegati.
In questo clima di necessità di rinnovamento, di concezione di un “Sistema Museo” che possa raccontare la millenaria storia del territorio, di collaborazione tra importanti realtà come la «Fondazione Archeologica», la Pro Loco, i vari club ed associazioni culturali, emerge ai visitatori la realtà del Museo dei Vescovi.
Considerato erroneamente da alcuni come il “Museo della Cattedrale”, pieno esclusivamente di reliquari, opere di stampo prettamente religioso e argenterie, appare agli ormai oltre 26.000 visitatori come un vero e proprio piccolo scrigno della storia trimillenaria di Canosa. All’interno delle sue 12 sale, si distribuiscono opere di diversa natura e preziosità: dalla vastissima collezione archeologica, frutto delle importanti donazioni private alla Cattedrale, alle più antiche pergamene del territorio,
alle opere di straordinaria glittica alto medievale in cui emergono su tutti la croce in avorio dell’XI secolo e il ventaglio liturgico afgano del XII secolo.
Prestiti d’arte e collaborazioni con gallerie nazionali, collezionisti e istituti bancari, hanno permesso al Museo di esporre opere di primo prestigio come la pala di Giovanni Boccati da Camerino, di proprietà della Banca Intesa San Paolo, un’opera di Domenico Morelli, proveniente da una blasonata collezione privata. La stagione estiva, ricca di eventi in programmazione, si apre già con la possibilità di visitare il Museo oggi dalle 19.30 alle 23.00. Le iniziative proseguiranno dal 2 giugno, con una curiosa mostra sugli anni della prima Repubblica, al 13 giugno con un convegno sul fondamentale apporto del privato nell’ambito del pubblico, passando attraverso la partecipazione all’Open Days.
Nuovi metodi interattivi, permetteranno ai visitatori di immergersi in questa realtà sospesa tra le varie epoche storiche di Canosa, sempre più curate in seguito agli approfondimenti e alle ricerche svolte dal Centro Studi correlato. Le iniziative sono curate
dal direttore Mons. Felice Bacco e sviluppate dai curatori Sandro Sardella, Valentina Pelagio e dalla Event Planner Michela Cianti. Informazioni sulle attività del Museo, orari di visita al pubblico e sulle iniziative sono disponibili su www.museodeivescovi.com, su Facebook Museo dei Vescovi Mons. Francesco Minerva, sul profilo Twitter museofm e chiamando il call center 377.2999862. 

Caricato il Tuesday, 05 May 2015
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Quale libertà, quale rispetto.....

Il piacere di dialogare con l’arguto e ironico amico di antica data, Michele Palumbo, mi spinge ancora una volta a riflettere con lui sul tema della libertà di opinione e di satira, ma anche su una loro possibile “de gerazione” nella blasfemìa. Premetto che cambiare idea non è segno di debolezza, qualora una persona ne fosse convinta, (in molti hanno scritto che solo gli stupidi non cambiano mai idea) e comunque è sempre arricchente il confronto con chi non la pensa allo stesso modo. Del resto, non discutiamo su verità rivelate, ma su opinioni che possono anche essere meglio definite nella razionalità della dialettica costruttiva.

Tornando al nostro argomento, è necessario chiarire che, per quanto mi riguarda, la blasfemìa non mi scalfisce più

di tanto, né rimango scandalizzato per parole o eventuali vignette pubblicate.

Tuttavia provo un po’ di amarezza nei confronti delle persone che le usano e le creano, in quanto mi addolora la superficialità

di chi è indifferente alla sensibilità altrui e, comunque, di chi è lontano dalla fede e parla male di cose che non conosce. Mi tornano alla mente le parole del grande “laico” D o s t o ev s k i j nella lettera ad una sua ex allieva: “… Voi scrivete che hanno distrutto in voi la fede in Cristo. Ma come mai non vi siete prima di tutto posta la domanda: chi  sono costoro che negano Cristo come Salvatore? Io non mi domando se sono buoni o cattivi, ma se conoscono Cristo.

Credetemi, non lo conoscono, perché dopo averlo conosciuto, sia pure soltanto in parte, non si può non vedere che è qualcosa

di eccezionale…In secondo luogo, tutti costoro sono di peso così leggero che non hanno una preparazione per conoscere ciò che negano” ( E p i s t o l a r i o, vol. II, Lettera ad una studentessa dei corsi superiori femminili). Secondo lo scrittore, la causa principale della miscredenza va ricercata nell’ignoranza e nella intemperanza. Io penso allo stesso modo: è dalla mancanza o superficialità della conoscenza che nasce la blasfemia, cioè dal non capire cosa è la fede per chi crede.

L’amico Palumbo sostiene che il problema è di chi si sente offeso, non di chi offende. L’affermazione appare piuttosto debole: se una persona che ritieni amica ed alla quale non hai fatto alcun male ti rifila un calcio, affermando che sta soltanto scherzando, il problema riguarda chi si sente, o meglio, è stato offeso, o di chi, esagerando, ti ha provocato un male? Il mio stimato interlocutore argomenta: “Se tutti avessimo un sincero e anche minimo distacco pure da ciò in cui crediamo, l’ironia e la satira non ci sembrerebbero offese, ma situazioni a cui potremmo anche giustamente rispondere, replicare. Al contrario, se ciò in cui crediamo lo consideriamo intoccabile, è evidente che l’ironia e la satira ci paiono un intollerabile dileggio. E’ il nostro considerare intoccabile, non criticabile, non oggetto di ironia, qualcosa che fa nascere in noi l’idea dell’offesa. Se avessimo più

ironia ed autoironia non grideremmo alla lesa maestà di alcunchè”. Come dire, al male si aggiunge la beffa!

A chi crede, non si può chiedere di credere un po’ di meno o di rimanere un po’ distaccato: si provi a chiedere ad un cristiano, ma anche ad un ebreo o ad un musulmano o a credenti in altre fedi religiose, perché, come ed in nome di che cosa o di chi dovrebbe mostrare un minimo distacco da ciò in cui crede profondamente, come non si può chiedere a chi ama sinceramente una persona di smorzare o smettere di amarla per un momento, o di fare finta di non amarla!

Detto questo, penso che il buon Dio sorrida benevolmente di queste cose e, come gli è consuetudine, lasci alla libertà degli uomini la possibilità di sbagliare.

Personalmente, invece, sono rammaricato per chi non riesce a coniugare la giusta libertà di opinione e di espressione, che sicuramente vanno tutelate, con il corrispondente diritto del credente ad essere rispettato nella sfera più intima del proprio essere. Su questo, ne sono sicuro, l’amico Palumbo è pienamente d’accordo con me. O no?

* parroco della cattedrale di Canosa

Caricato il Sunday, 26 April 2015
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Il re, Philipon e la libera satira....bella e franca discussione sulla satira.

Su queste pagine si è aperta una bella e franca discussione sulla satira, anzi sui limiti eventuali alla satira. Personalmente avevo già espresso la mia opinione, che a beneficio dei lettori ribadisco: se c’è (e c’è) libertà di idea, c’è anche libertà di parola e

quindi pure libertà di stampa e naturalmente di satira. Ma questa libertà, si è chiesto e si chiede mons. Felice Bacco, parroco della cattedrale di Canosa, è assoluta?

La risposta non può, quando si parla di idee, essere che sì, sì la libertà di idea è assoluta. E quindi anche la libertà di espressione di quelle idee deve essere assoluta e, conseguenza, la libertà di stampa (in riferimento alle idee, non ovviamente ai fatti che non possono essere ‘liberamente’ né ignorati né travisati) e di satira è egualmente assoluta. Se così non fosse, ci sarebbe una questione immediata da risolvere: quali sono le idee che non possono essere espresse sulla stampa (anche satirica)?. E chi, ed

in nome di cosa, dovrebbe stabilire cosa si può dire, disegnare e scrivere? E’ evidente, per quanto mi riguarda, che l’orizzonte della libertà di stampa, e di satira, non può essere il divieto e la censura.

Don Felice Bacco, con il gradevole garbo che lo contraddistingue anche quando discute in contraddittorio, ha replicato a questa mia presa di posizione ed ha risposto in questo modo: “Quando si affrontano tematiche religiose (non dimentichiamo che la discussione sulla libertà di satira è nata a margine del terribile attentato contro i disegnatori ed i giornalisti della rivista francese “Charlie Hebdò”, ndr), che quindi coinvolgono la sfera più intima della persona umana, qual è la coscienza, non è giusto, né ‘ra gionevole’, a mio modesto avviso, cadere nella blasfemia, in quanto non può e non deve esistere un diritto ad offendere i valori intimi dell’altro o degli altri! La religione non è semplicemente un’idea o u n’opinione, ma è intimamente legata alla dignità stessa della persona, al suo essere, alla sua coscienza e mai e nessuno può concedersi il diritto di violentare la coscienza di un altro”.

Come (contro)rispondere a don Felice Bacco, sacerdote colto ed illuminato? Provo a fare un ragionamento: in realtà il concetto di offesa non è tanto nella satira, ma in colui che si sente offeso dalla satira.

Spiego: se tutti avessimo un sincero e anche minimo distacco pure da ciò in cui crediamo, l’ironia e la satira non ci sembrerebbero offese, ma situazioni a cui potremmo anche giustamente rispondere, replicare. Al contrario, se ciò che in cui crediamo lo consideriamo intoccabile è evidente che l’ironia e la satira ci pare un intollerabile dileggio. E’ il nostro considerare intoccabile, non criticabile, non oggetto di ironia qualcosa che fa nascere in noi l’idea dell’offesa. Se avessimo più ironia ed autoironia non grideremmo mai alla lesa maestà di alcunché.

E a prova di questo ragionamento, voglio portare la vicenda di Charles Philipon, giornalista, disegnatore e caricaturista francese (1800-1861).

Philipon diresse numerosi giornali satirici e su uno di questi fogli, “La Silhouette”, pubblicò una sua vignetta-caricatura contro il re Luigi Filippo d’Orleans. Una vignetta che vedeva trasformare il volto del re progressivamente in una pera. La caricatura, pubblicata nel 1830, venne considerata scandalosa. Il re si infuriò, i giudici intervennero, la censura si diede da fare, ci fu anche un processo che si concluse con una condanna a sei mesi di carcere ed una multa di 1.000 franchi. E questo perché Philipon aveva osato disegnare la testa del re a forma di pera.

Oggi la vignetta di Philipon ci fa sorridere, ma il Re, che non ammetteva che ci potesse essere nei suoi confronti una critica e men che mai un divertente dileggio, considerò quella caricatura un’offesa, uno scandalo, un’invettiva oscena e scurrile. E invocò ed ottenne la censura, la multa, il carcere. Appunto: l’offesa, lo scandalo, l’oscenità, a pensarci bene, non sono presenti nella vignetta del caricaturista francese, ma è il re a ritenere che ci sia tutto questo per un semplice motivo: si ritiene intoccabile.

Ritorniamo, dunque, alle domande iniziali: chi deve decidere cosa è intoccabile? E alla premessa che poi è anche la conclusione: per la satira non esiste nulla di intoccabile, altrimenti diventa greve, volgare, scandalosa anche il disegnare un re con la testa a forma di pera.

Non penso di essere riuscito a far cambiare idea a don Felice Bacco, rimane però il piacere di discutere con lui.

Scusate qualche parola.

Caricato il Sunday, 26 April 2015
Modificato il Sunday, 26 April 2015
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La libertà (anche di satira), le idee e la religione

Mons. Felice Bacco...dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 15 aprile 2015.

La libertà (anche di satira), le idee e la religione

Torno sull'argomento riassunto dall'amico Palumbo su queste pagine con la domanda: la libertà di opinione e di espressione deve essere assoluta? Egli risopnde argomentando: "... è evidente che ogni singola libertà deve tener conto di altre singole libertà e, quindi, nei fatti e nelle azioni il problema non si pone".

Dal punto di vista delle idee, invece, continua Palumbo: "... quando si parla di idee, la libertà è assoluta. Se c'è libertà di idea, c'è anche libertà di parola e quindi pure libertà di stampa e naturalmente di satira".

Liquidando sbrigativamente il problema, viene da pensare che le due precedenti affermazioni, nel passaggio tra la libertà delle idee, assoluta, e la libertà di espressione, che delle idee si fa portavoce e di conseguenza si manifesta agli altri con conseguenze che toccano la responsabilità di chi comunica e dei possibili destinatari, appaiano e siano contraddittorie, ma proviamo ad approfondire.

Siamo d'accordo con l'amico Palumbo che la libertà di idea può essere assoluta, in quanto rimane una questione di pensiero e quindi di coscienza individuale; un eventuale pensiero blasfemo non offenderebbe ancora direttamente nessuno (al limite, il problema si potrebbe porre a livello morale, in quanto la valutazione morale riguarda non solo le azioni, ma anche le intenzioni. Anche le idee possono essere immorali!). Il problema si pone, invece, quando si passa dalla libertà di idea alla libertà di esprimerla, magari per mezzo della stampa o con disegni satirici, in quanto la comunicazione dell'idea potrebbe offendere l'altrop, procurargli sofferenza. Quando si affrontano tematiche religiose, che quindi coinvolgono la sfera più intima della persona umana, qual è la coscienza ("sacrario dove l'uomo vive l'intimità con Dio" Gaudium et Spes n.16), non è giusto, nè "ragionevole", a mio modesto avviso, cadere nella blasfemia, in quanto non può e non deve esistere un diritto ad offendere i valori intimi dell'altro o degli altri! La religione non è semplicemente un'idea o un opinione, ma è intimamente legata alla dignità stessa della persona, al suo essere, alla sua coscienza e mai e nessuno può concedersi il diritto di violentare la coscienza di un altro. Mi verrebbe da riformulare, parafrasando le parole di Voltaire, citate anche dall'amico Palumbo, la stessa affermazione laica ed illuminista del filosofo, sostenendo: "Non aprrovo la tua religione, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto a non essere offesi in nome dell'altrui libertà".

Il prof. Palumbo riprendendo le mie parole sui rischi che si correrebbero se la libertà di espressione fosse assoluta, quello per esempio di odiare o di avere idee razziste, afferma: "Certo che questo rischio esiste. Ma non possiamo neanche correre il rischio che qualcuno (chi?) debba dirci quello (cosa?) possiamo dire o non dire".

Intanto c'è la nostra Costituzione che garantisce i diritti inviolabili della persona, tra i quali (art. 21) c'è la libertà di opinione, che va equilibrata continuamente con quella dei doveri. Ci sono le leggi, che a quella Costituzione devono ispirarsi, le quali hanno proprio lo scopo di indicare e salvaguardare valori che rendono possibile la convivenza civile, individuando comportamenti illeciti che nelle giuste sedi possono essere sanzionati. E' vero, il problema è anche politico, si sposta sul piano storico, fa affidamento all'equilibrio e alla lungimiranza delle persone, ma noi abbiamo oggi riferimenti sicuri per i quali ogni e qualsiasi giustificazione sarebbe un cedimento all'arbitrio del più forte. Il razzismo , per esempio è condannato dalla legge perchè fomenta l'odio tra persone che hanno un diverso colore della pelle o una cultura diversa dalla propria. Oggi si parla molto, per esempio, della opportunità di considerare l'omofobia un reato. Ma perchè solo le offese alla religione, blasfemia compresa, debbano essere considerate come un diritto, pena l'accusa di essere catalogati come oscurantisti o poco "illuministi".

P.S. Complimenti per la scelta della gustosa vignetta correlata all'articolo.

Caricato il Thursday, 26 March 2015
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Il nostro tempo la libertà di odiare e la libertà d’amare...Felice Bacco

Dopo l’attentato alla sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, si è sviluppato in Francia, ma non solo, un grande dibattito sulla libertà di espressione e sui diritti di libertà in genere. Le domande di fondo che animano il dibattito sono soprattutto queste: è possibile porre dei limiti alla libertà o deve essere assoluta? Se si accettasse la seconda affermazione, dovrebbe essere garantito anche il diritto alla libertà di blasfemia? Proseguendo su tale strada, si potrebbe anche ipotizzare il diritto ad odiare o ad avere opinioni razziste con tutte le conseguenze, già sperimentate in passato ed ancora oggi? (vedi l’articolo su “La libertà di odio che divide la Francia” di Enrico Franceschini e Anais Ginori, pubblicato martedì 10 marzo su Repubblica).

Con quali strumenti ci si difende quando si ritiene che il comportamento di altri abbia leso la libertà individuale o quella di gruppo? Basterebbe rileggere alcuni articoli contenuti nella prima parte della Costituzione della Repubblica Italiana per ottenere

delle risposte. Tuttavia, vale la pena animare la riflessione.

Sicuramente la libertà è uno dei beni più preziosi conquistati e custoditi nella democrazia moderna, è un diritto fondamentale della persona umana, ma la storia degli uomini e degli Stati dimostra che ancora oggi essa è interpretata a varie latitudini in modi estremamente diversi e con esiti spesso dirompenti. Anche questo è un argomento di estremo interesse, come dimostra quanto è accaduto in Francia e quanto avviene sotto mentite spoglie in altri angoli della Terra. Libertà e intolleranza sono antitetiche e inconciliabili. “Lo stato democratico –ha scritto sempre su Republica lo studioso francese Tzveta Todorof, noto anche in Italia per alcuni suoi saggi è espressione della volontà popolare e contemporaneamente protezione delle libertà individuali, che deve difendere insieme a una pluralità di valori come la sicurezza, la giustizia, l’eguale dignità di tutti. Tali valori tendono a limitarsi l’uno l’altro. E la politica di uno Stato è sempre un compromesso tra valori diversi. Limitare la libertà d’espressione non significa introdurre una censura oscurantista ma assumersi le proprie responsabilità”.

Quello della libertà è un tema molto caro anche a noi cristiani che consideriamo la famosa “situazione dell’a l b e ro ” della Genesi (la proibizione divina di mangiare i frutti di un albero) come la rivelazione della libertà della persona umana sin dall’origine della creazione. Dio concede ad Adamo ed Eva la possibilità di aderire liberamente al Suo Progetto di vita o, come suggerisce il serpente, di prendere il Suo posto: “Sarai come Dio, stabilirai tu ciò che è bene e ciò che è male” ( G e. 3 , 6 ) .

Con questa seconda opzione il solo “io” diventa fondamento del bene o del male. Ognuno, da solo, stabilirà quello che è bene per sè. Tolto Dio e il Suo progetto dalla propria vita, l’uomo non avrà altro dio all’infuori di se stesso. In questo caso la libertà dell’individuo diventa assoluta, in quanto egli solo stabilisce ciò che è bene per sé indipendentemente dal bene degli altri. Non c’è responsabilità nei confronti di alcuno, tanto meno rispetto al progetto creazionale di Dio, alla Sua verità sulla persona umana. Ciò che noi chiamiamo “pecc at o ” non è semplicemente e prima di tutto la trasgressione di una legge divina, ma la ribellione, la rottura, la negazione della relazione con Dio, è ‘mettersi in proprio’ considerando il bene come il risultato esclusivo ed escludente dei propri desideri e della propria volontà.

Sicuramente c’è anche un principio laico, non confessionale, sempre valido, secondo cui la libertà della persona ha come limite la libertà dell’altro. Ma, anche in questo caso, vengono posti dei limiti alla propria libertà: l’altro, la sua sensibilità e il suo vissuto. Non è dunque assoluta, la libertà, non è senza alcuna limitazione!

Ritornando sul tragico evento di Parigi, la domanda è se è lecito offendere la religione, il credo e la fede di una persona.

Papa Francesco ci ha fatto capire, con il suo modo di intervenire franco e diretto, da alcuni giudicato estemporaneo, che la religione è tra gli affetti ed i valori più cari e intimi del credente: “Se uno parla male di mia madre, io gli dò un pugno”!

L’immagine usata, che nessuno può immaginare possa incitare alla violenza, spiega che non si può trattare la fede o la religione come una semplice opinione, perché essa coinvolge i sentimenti più forti, la stessa coscienza delle persone.

Bisognerebbe invece coniugare la libertà con la responsabilità, la libertà individuale con il rispetto e l’amore per l’altro. E’ quindi l’amore il criterio di discernimento: la libertà è sicuramente un diritto fondamentale, ma il suo uso non può offendere nessuno. La libertà va illuminata, guidata dalla carità, dal bene dell’altro, che va sempre salvaguardato. In tal modo, sia il credente che il non credente possono incontrarsi sulla base della reciproca consapevolezza dei limiti della libertà, nel rispetto anche dei diversi valori religiosi che non possono essere dissacrati e sacrificati sull’altare di un presunto diritto alla libertà assoluta individuale. Il cristiano va anche oltre e ritiene, alla luce degli insegnamenti evangelici, che la persona è tanto più libera quanto più ama.

La festa di Pasqua, già celebrata dal popolo di Israele come memoria della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, nella luce del mistero della morte e resurrezione di Gesù Cristo, realizza il “passa g gio” dalla schiavitù del peccato alla libertà, la libertà d’amare! Gesù è l’uomo pienamente libero, perché ha amato ogni creatura fino al sacrificio della croce. L’Amore è quindi la bussola che deve guidare la libertà perché sia vera e sincera; l’Amore è la Verità che deve aiutarci a discernere le scelte affinchè queste siano veramente libere, responsabili.

“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giov. (8,32).

Caricato il Tuesday, 24 March 2015
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Il Museo dei Vescovi ha accolto ben oltre 26 mila visitatori... UN BILANCIO ESTREMAMENTE POSITIVO PER LA STRUTTURA DEDICATA A «MONS. FRANCESCO MINERVA»

Riprendiamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno di martedì 24 marzo 2015 

Il “Museo dei Vescovi mons. Francesco Minerva”, ad appena un anno e mezzo dalla sua inaugurazione, avvenuta alla presenza del Ministro allora in carica, Massimo Bray, si conferma tra le realtà museali più visitate
a Canosa, con ben oltre 26mila visitatori in attivo. Diretto da mons. Felice Bacco e gestito dal curatore Sandro Sardella, dall’an - tichista Valentina Pelagio e dalla event planner Michela Cianti, rappresenta un sistema nuovo di esperienza museale, sospesa tra la precisione scientifica, la presenza tecnologica e il fascino antiquario.
Esposizioni sempre frequenti, caratterizzate da un sistema dinamico di appena tre mesi di durata, offrono spaccati sempre diversi e svariati, in cui il visitatore è immerso in un ordine cronologico di eventi ed opere, dai reperti archeologici, dal VI secolo a.C., alle opere artistiche bizantino-normanne, sino a raggiungere lo spaccato del Settecento, Ottocento e Novecento, tutti narranti la storia della città di Canosa.
Frequenti donazioni di privati cittadini, collaborazioni importanti e partnership, hanno permesso al Museo di accrescere il suo patrimonio espositivo, dedicando più di uno spazio a tutti quei privati ed aziende locali, che hanno deciso di investire in cultura, offrendo anche semplicemente le loro collezioni a pubblica fruizione.
Tra queste collaborazioni, preziosa è quella con la direzione generale della Banca Intesa San Paolo, che ha offerto in visione la predella di Giovanni Boccati da Camerino, ampiamente richiesta dai visitatori e già vista da quasi un migliaio di persone in meno di due mesi espositivi. Caratterizzata dalla lucentezza dei colori, dal disegno preciso e mai scontato, l’opera del pittore rinascimentale stupisce anche per la precisione della narrazione, basata sulle opere agiografiche di Papa Gregorio Magno e di un Anonimo dell’VIII secolo, tutte concentrate sulla vita dell’Episcopo Sabino di Canosa.

Il frammento della pala, è certamente uno dei pezzi artistici più preziosi del Museo, tra cui spiccano il crocifisso arabo normanno in avorio dell’XI secolo, il ventaglio liturgico, preziosi messali miniati, pergamene millenarie, opere di glittica e una notevole sezione numismatica, suddivisa per epoche ed eventi storici.
L’appartamento storico, impreziosito dalle decorazioni del notevole artista liberty Gaetano Paloscia e del figurinista Gaetano Palumbo, è divenuto “Casa della Memoria d’Italia”, avendo mantenuto inalterato ed, anzi, integrato tutto l’originale arredo, le suppellettili, i documenti e persino il vestiario tra l’Ottocento e il Novecento, ricordando le due famiglie Fracchiolla e Minerva, legate anche all’età di passaggio tra il Regno delle Due Sicilie e l’Unità d’Italia, con un occhio particolare al Monsignore che ha deciso di donare la sua residenza alla Cattedrale di San Sabino per farne uno spazio museale.
Frequenti sono anche le esposizioni nell’appartamento storico, di carattere prevalentemente antiquario. Il Museo, attualmente ancora aperto con orari invernali, è visitabile ogni martedì, giovedì, sabato e domenica mattina dalle 10 alle 12 e su appuntamento tramite call center al 377/2999862.
Informazioni sono aggiornate e presenti sul sito www.museodeivescovi.com e il profilo Facebook “Museo dei Vescovi mons. Francesco Minerva”.

Caricato il Saturday, 07 February 2015
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San Sabino e l’iconografia un binomio d’arte a Palazzo Minerva.....In mostra l’opera di Giovanni Boccati da Camerino

Giunge, come ogni anno, la festività patronale invernale, dedicata al ricordo della morte del Vescovo Sabino, accaduta il 9 febbraio

del 566 d.C. A distanza di 1449 anni dalla scomparsa del Santo Patrono e figlio illustre della Canosa tardo imperiale, continuano ancora le stime e i confronti storici, assolutamente necessari a comprendere l’importanza che ebbe questo personaggio, non solamente nei secoli del governatorato di Bisanzio, ma sino ai primi anni del XIX secolo, con il governo di Ferdinando IV di Borbone.

La festività vuol ricordare nel raccoglimento, il momento più alto e al tempo stesso, il momento di inabissamento della Storia di questa Città, poi schiacciata e devastata a tal punto dalle invasioni barbariche, da ridursi a un semplice villaggio che le cronache

di viaggio del XVIII e XIX secolo, ricordano come addossato sul solo fianco di una collina. La Canusio sabiniana, nata innestandosi

sulle preesistenze romane e greche, semplicemente convertendo templi pagani in avveniristici templi cristiani, dedicati ai Santi Martiri d’Oriente e d’Occidente, era nel VI secolo il simbolo della fusione culturale tra l’Oriente custode delle antiche tradizioni dell’Impero Romano ed un Occidente decaduto, in cui la stessa figura del Pontefice di Roma rischiava di perdere il suo Primato Petrino.

Le Arti, giunte in soccorso al Vescovo canosino per porre in essere il suo progetto simbolico di fusione tra Culture, hanno espresso nei secoli quel dualismo sociale che Savinus volle nella sua città, in quanto egli stesso fu ritenuto per meriti diplomatici, l’unico a poter fronteggiare le molte crisi tra il Papato di Roma e l’Oriente di Giustiniano o, meglio ancora, di Teodora. In tal senso, il “Museo dei Vescovi mons. Francesco Minerva”, sede decretata ormai da oltre un anno a narrare la Storia della città e della Diocesi Primaziale e Palatina di Puglia, dedica uno spaccato di approfondimento al rapporto tra Sabino e l’iconografia mariana, attraverso

l’esposizione di alcune opere appartenenti alla Basilica Cattedrale.

Dall’Icona della Madonna della Fonte, passando attraverso la quadreria ufficiale della Basilica Palatina, dando importanza e risalto ad un progetto ormai annuale, che vede la presenza del pittore Giovanni Boccati da Camerino (Camerino 1420 circa – Perugia post 1480).

L’opera, di eccezionale pregio artistico, appartenente alla Collezione della Banca Intesa San Paolo, custodita a Bari presso la Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto, raffigura la scena di banchetto tra San Sabino e il re goto Totila. Si tratta di un frammento di una grande pala d’altare, composta da quattro formelle nella parte inferiore e una grande formella centrale con l’immagine della Madonna in trono, circondata da Santi e Saggi. La tematica dell’incontro, rappresenta uno dei punti focali della Vita del Santo Sabino, ricordata in primis nei Dialoghi di San Gregorio Magno, sino all’opera sulla Storia della Chiesa di Canosa del prevosto Angelo Andrea Tortora.

L’incontro, dai contenuti oscuri ma dai risvolti salvifici per Canosa e per tutta la Diocesi, è il centro focale di una delle formelle più interessanti dell’opera realizzata da Giovanni Boccati da Camerino.

Boccati da Camerino, gioca proprio attorno al rapporto diplomatico col re goto Totila, fermato dalla insolita espressione Viva questa mano!, pronunciata dal Vescovo Sabino durante il fatidico banchetto col re sopracitato, il quale la interpretò come sicura profezia di fortuna in battaglia.

Poco tempo prima, San Sabino aveva riferito a San Benedetto che Roma sarebbe stata rasa al suolo dalle truppe di Totila; di riflesso il venerando Santo, gli rispose che Roma non sarebbe crollata sotto le mani di Totila, ma sconquassata da terremoti ed eventi funesti, l’ultimo e più punitivo di tutti, fu la peste nera del 590 dopo Cristo, sotto il pontificato di Gregorio Magno. Sabino, quindi, disse una falsità al re goto? Certamente ne aveva da guadagnare, considerando che il re non toccò né fece distruggere nulla o nessuno, che appartenesse alla Diocesi dell’anziano presule.

Proprio al rapporto con San Benedetto, in mostra sarà esposto un quadro inedito, raffigurante la Madonna di Montevergine, del XVIII secolo. La tela, come sarà spiegato nella esposizione, rappresenterebbe un collegamento diretto tra la Basilica Cattedrale e un Monastero Benedettino, dedicato a San Quirico, fondato in età sabiniana e soppresso anche nelle murature, dopo secoli di abbandono, durante l’epoca del governo di Gioacchino Napoleone.

Una nuova esposizione, voluta da mons. Felice Bacco e curata da Sandro Giuseppe Sardella, dall’antichista Valentina Pelagio e dalla Event Planner Michela Cianti, a simbolo di un ricordo forte ed indelebile che lega Canosa al suo illustre Santo: l’Episcopus Savinus de Canusio.

Caricato il Saturday, 27 December 2014
Modificato il Saturday, 27 December 2014
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Ma la Puglia del Sacro tenga in conto Canosa... Anche San Sabino nel futuro «itinerario»

SANTUARIO DEI PELLEGRINI COME MONTE SANT’ANGELO E SAN NICOLA A BARI.

di FELICE BACCO* E PASQUALE IEVA**

Concentrando l’attenzione su specifiche località pugliesi, non di rado è trascurata la storia millenaria di Canosa. È il caso, l’ultimo in ordine di tempo, della proposta presentata sulle pagine della «Gazzetta» dello scorso 5 dicembre, in cui si auspicava di legare i due itinerari sacri per Monte Sant’Angelo e per la Basilica di San Nicola a Bari, in «un progetto di turismo religioso, culturale e paesaggistico-ambientale, in grado di produrre conoscenza e di promuovere l’economia dei territori interessati».

Ma la storia religiosa della Puglia è stata caratterizzata dalle vicende non solo di questi due santuari, ma anche da quelle di altri non minori e similmente importanti, come il Santuario di S. Sabino a Canosa. Ecco perché, dopo aver consultato il prof. Cosimo Damiano Fonseca, confortati da quanto egli stesso da anni ha avuto modo di ribadire, ci permettiamo di fare qualche considerazione.

Superfluo qui ricordare la rilevanza di questa città nella Puglia paleocristiana e la figura del suo vescovo più conosciuto, «l’uomo di Dio» (il vir Dei come amava denominarlo S. Gregorio Magno papa nei suoi Dialoghi), nonché far riferimento alla viabilità e alle antiche strade romane, principalmente la Minucia e l’Appia-Traiana, su cui insisteva la città, punto nodale sulla direttiva Roma-Brindisi e poi per la Via Egnazia, come ricordato da Strabone che la poneva con Celia, Nezio e Cerdonia sulla strada che portava

a Benevento e di lì alla Capitale. Città ben evidenziate nella celeberrima Tavola di Peutinger (o Carta Teodosiana), copia del XII-XIII secolo di u n’antica carta romana che mostrava le vie militari dell’I m p e ro.

Questi itinerari rendevano protagonista la strada, intesa come mezzo di transito e di trasporto tramite il contatto con altri costumi e altri popoli. La terra calpestata è la polvere di tante città illustri delle quali molte diventano centri di religiosità, quale rappresentò appunto Canosa con i tanti pellegrini qui in sosta «obbligata», diretti a Roma, in Terra Santa, sul Gargano, mossi dalla determinazione di voler raggiungere i luoghi sacri, per devozione o per penitenza.

E pellegrini venuti da lontano erano pure l’Aquitano cieco, sordo e deforme, recatosi a Canosa per chiedere a S. Sabino un miracoloso intervento taumaturgico, come pure lo Spagnolo Gregorio affetto da grave malattia, che «si portava qua e là per i diversi santuari per ottenere il miracolo della guarigione», prima di varcare finalmente i limina dei santi vescovi canosini e in particolar modo quella della tomba di Sabino, nell’antica chiesa dedicata a S. Pietro (Anonimo, Vita ), i cui resti furono traslati nell’attuale Cattedrale nell’VIII sec.

Giova ricordare l’attività della longobarda Teoderada, moglie di Romualdo duca di Benevento, giunta a Canosa per l’inventio (la scoperta) della tomba di Sabino, fino a quel tempo rimasta a tutti ignota, ma in realtà per «approvvigionarsi» di reliquie del santo vescovo, per continuare il proposito di Arechi «di fare di Benevento una città-reliquiario, il sancta sanctorum della devozione nella Longobardia meridionale » (Chronicon Vulturnense 1130 ca. - Ms. presso Biblioteca apostolica Vaticana, cod. Barb. lat. 2724).

Nella Cattedrale di Canosa erano custodite importanti reliquie provenienti dalla Terra Santa: due sacre spine, portate secondo la tradizione da Boemondo I d’Altavilla e altrettante pietre intrise del sangue di Gesù recuperate ai piedi della croce, sul calvario (Card. C. Baronio 1598, G.M. Maranzani 1608, G. Silicio 1677), in più tesori d’arte quali segni di devozione straordinaria come l’icona della Madonna della Fonte e il crocifisso di avorio.

Essa, per le spoglie del Santo taumaturgo, nonché per le numerose reliquie, divenne un importante santuario sempre più frequentato sia dai Pugliesi che da altri che venivano da paesi lontani, reputata «uno dei più importanti Santuari, sicché tutti i capitoli delle cattedrali della Puglia usano non solo ritenere come presenti, ma anche ammettere alla divisione le Dignità e quei canonici che si recano a Canosa per venerare San Sabino, proprio come avviene allorché si recano al Santuario garganico di San Michele e al Santuario di San Nicola» (A.A. Tortora, 1758).

E tanto è provato pure dalle spille in fusione di piombo con appiccagnoli complanari (le quadrangulae), rinvenute in sepolture medievali durante gli scavi effettuati nei pressi del mausoleo di Boemondo, con l’effige degli Apostoli Pietro e Paolo, che rappresentavano i Signa Peregrinationis, ossia la prova per i pellegrini di aver raggiunto il luogo sacro per espiare i loro peccati o

semplicemente per devozione, di cui una è esposta nel Museo dei Vescovi Mons. F. Minerva, a Canosa, simile a quella ritrovata a Siponto e a quella con l’immagine di S. Nicola recuperata negli scavi archeologici nella Cittadella Nicolaiana di Bari.

Pertanto, è auspicabile che si realizzi il «progetto di turismo religioso», ma è d’uopo fare attenzione a non escludere dagli itinerari anche il Santuario di S. Sabino, tappa fondamentale per concludere devotamente un percorso di fede.

 

* Parroco della Basilica Cattedrale di Canosa

** Presidente della Società di Storia Patria sezione di Canosa

 

......dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 27 dicembre 2014

Caricato il Saturday, 13 December 2014
Modificato il Saturday, 13 December 2014
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Storia del Presepe

Il Presepe (o Presepio) è la rappresentazione della scena della nascita di Gesù, realizzata per mezzo di statuine di diversi materiali; preparata tradizionalmente nelle case e nelle chiese nel periodo tra il Natale e l’Epifania. La scena ha i suoi elementi principali nella grotta, che racchiude la mangiatoia dove viene posto Gesù Bambino, con a lato la Madonna, San Giuseppe, il bue, l’asino, i tre Re Magi e i pastori. Ma quali sono le origini del presepe?

Gli evangelisti Luca e Matteo furono i primi a descrivere la storia dell'incarnazione di Cristo. È famoso il Vangelo di Natale di Luca, apparso nel secondo secolo dopo Cristo e poi divulgato nelle prime comunità cristiane.

Se a Betlemme si operò il mistero della divina Incarnazione del Salvatore nel Mondo, a Greccio, per la pietà di San Francesco di Assisi, iniziò la sua mistica rievocazione.

Tra i boscosi monti Sabini, ............(Premi qui per continuare)

Caricato il Friday, 21 November 2014
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Costituita un'associazione con lo scopo di promuovere le realtà locali

Imprenditori d'arte e cultura per valorizzare le tradizioni

 

È stata costituita l'associazione "Imprenditori d'arte e cultura", le cui fmalità sono esclusivamente culturali e sociali: "promuovere forme di arte e cultura, promuovere il territorio e valorizzare le tradizioni locali". Dopo un aperto confronto e scambio di idee, avendo condiviso insieme la necessità di un'azione propositiva organica e non saltuaria, un gruppo di mprenditori è sceso in campo per dare il proprio contributo alla crescita e promozione della città.

È nata quindi l'idea di costituirsi in associazione e di coinvolgere tutti gli imprenditori di "buona volontà" che hanno a cuore

il bene della comunità di Canosa, affinchè con il loro contributo, anche economico, ma soprattutto di idee, sostengano tutte

quelle iniziative fmalizzate alla promozione e valorizzazione del ricco patrimonio storico e culturale del nostro territorio.

L'associazione, con chiare fmalità non partiti che, non nasce contro qualcosa o in contrapposizione ad altre realtà associative presenti in città, ma piuttosto desidera mettersi accanto a quelle che già operano e contribuire alla crescita della città. La neonata associazione è stata costituita grazie all'iniziativa di cinque soci fondatori, ma è aperta a tutti coloro che, ondividendone i fmi, desiderano aderirvi.

Del primo consiglio direttivo, formato dai cinque soci fondatori, fanno parte: Sergio Fontana, in qualità di legale  rappresentante della società "Farmalabor srl"; Nunzio Margiotta, in qualità di legale rappresentante della società ''Apulia

Food srl"; Luciano Pio Papagna; Luigi LEmoci e don Felice Bacco.

All'unanimità hanno eletto presidente don Felice Bacco; vicepresidente e tesoriere Sergio Fontana; e segretario Nunzio Margiotta.

Gli stessi hanno stabilito, inoltre, che il primo mandato è triennale, che la direzione artistica è affidata al maestro Salvatore Sica, il quale si occuperà della programmazione e realizzazione degli eventi artistici in generale.

E' già stato defmito uri primo programma di iniziative che prevede: il Concerto di Natale in cattedrale; che si terrà il 29 dicembre; una cena natalizia per gli ospiti di "Casa Francesco" offerta e servita dagli imprenditori locali, che si terrà nell'androne del Palazzo Minerva, sede del Museo dei Vescovi; l'organizzazione della festa dei prodotti locali, in coincidenza con la tradizionale memoria liturgica della Madonna della Fonte, un evento le cui radici risalgono ad oltre quattro secoli addietro e, ancora da concordare, un evento da realizzare durante l'estate.

 ....articolo ripreso dalla "Gazzetta del Mezzogiorno" del 20 novembre 2014

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I BEST SELLER .... Settembre 2014

VOLEVO SOLO AVERTI ACCANTO di  RONALD H. BALSON

E’ la sera della prima al grande teatro dell’Opera di Chicago, a cui presenzia il vecchio Elliot Rosenzweig, il più ricco e importante mecenate della città. All’improvviso tra la folla appare un uomo anziano in smoking fuori moda. Tra le mani stringe convulsamente una pistola che punta alla testa di Rosenzweig . la voce trema per la rabbia, ma lo sguardo è risoluto quando lo accusa di essere in realtà Otto Piatek, il Macellaio di Zamo, feroce criminale nazista. Ma nessuno sparo riecheggia tra i cristalli e gli specchi del sontuoso atrio. E Ben Salomon, un ebreo scampato ai campi di sterminio, viene atterrato dalla sicurezza e trascinato in prigione. Nessuno crede alle sue accuse, nessuno vuole ascoltarlo. Tranne Catherine Lockhart, una giovane avvocatessa alle prese con una scelta difficile della sua vita. Catherine conosce l’Olocausto solo dai libri di scuola, eppure solo lei riesce a leggere la forza della verità negli occhi velati di Ben, solo lei è disposta ad ascoltare la sua storia …

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I BEST SELLER DELLA FEDE.... Settembre 2014

LA RIVOLUZIONE DELLA CARITÀ DALLE RADICI DEL CRISTIANESIMO ALLA CHIESA DI PAPA FRANCESCO

Carità e povertà: simul stabunt, simul cadent, insieme staranno o insieme cadranno. La storia della Chiesa è da sempre legata a doppio filo all’incontro con i poveri. Sul “fare la carità” si sono giocati per venti secoli l’organizzazione concreta della Chiesa e della società, l’evangelizzazione, la riforma religiosa, le utopie secolarizzate di un mondo senza sfruttati e senza sfruttatori. Monsignor Paglia ripercorre la storia del rapporto dinamico tra Chiesa e società attraverso la peculiare prospettiva della lotta alla povertà nelle sue diverse forme. Partendo dal cristianesimo delle origini, dal monachesimo e dai più influenti ordini religiosi, l’autore dipinge un magnifico affresco i cui protagonisti sono le figure emblematiche della cristianità e le loro opere, da Gesù ai padri della Chiesa fino a papa Giovanni XXIII con il Concilio vaticano II e la stagione di papa Francesco. In queste pagine emerge una Chiesa che rivendica con forza il valore della charitas cristiana come cura imprescindibile ai dilemmi sociali del mondo globalizzato. Perché: “è una grande funzione profetica della Chiesa quella di inquietare il banchetto del ricco epulone con la memoria e i dolori del povero Lazzaro. Nell’immaginare un mondo nuovo, o almeno diverso, la povertà è una delle soglie da attraversare con audacia, intelligenza e generosità da parte di tutti, credenti e non credenti.”

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Convegno San Sabino ad Atripalda - Comune di Canosa

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Le epigrafi di Sabino e Romolo di Atripalda

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Convegno ad Atripalda su San Sabino Vescovo di Abellinum/Canosa

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Canosa, Atripalda e San Sabino Vescovo......precisazioni di Mons. Felice Bacco

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Madre Teresa di Calcutta (1910-1997)

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Best Seller Agosto 2014...che scatenano la voglia di leggere.