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La parola della domenica Solennità dell'Epifania (Anno B) - 6 Gennaio 2015

SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

Carissimi Amici,

una stella ha guidato i Magi fino a Betlemme perché là scoprissero “il re dei Giudei che è nato” e lo adorassero. Matteo aggiunge nel suo Vangelo: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. Il viaggio dall’Oriente, la ricerca, la stella apparsa ai Magi, la vista del Salvatore e la sua adorazione costituiscono le tappe che i popoli e gli individui dovevano percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. La luce e il suo richiamo non sono cose passate, poiché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno di noi. Perché potessero provare la gioia del vedere Cristo, dell’adorarlo e dell’offrirgli i loro doni, i Magi sono passati per situazioni in cui hanno dovuto sempre chiedere, sempre seguire il segno inviato loro da Dio. La fermezza, la costanza, soprattutto nella fede, è impossibile senza sacrifici, ma è proprio da qui che nasce la gioia della contemplazione di Dio che si rivela a noi, così come la gioia di dare o di darsi a Dio. “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”. Noi possiamo vedere la stella nella dottrina e nei sacramenti della Chiesa, nei segni dei tempi, nelle parole sagge e nei buoni consigli che, insieme, costituiscono la risposta alle nostre domande sulla salvezza e sul Salvatore. Rallegriamoci, anche noi, per il fatto che Dio, vegliando sempre, nella sua misericordia, su chi cammina guidato da una stella ci rivela in tanti modi la vera luce, il Cristo, il Re Salvatore.

Auguri a tutti

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La parola della domenica II dopo natale (Anno B) - 4 gennaio 2015

II Domenica dopo Natale

Carissimi Amici,

l’evento dell’incarnazione del Verbo è la rivelazione perfetta e insuperabile del mistero di Dio. San Bernardo scriveva che “è nella “storia del Verbo”  che l’uomo può vedere la gloria di Dio e così la vita eterna è già donata all’uomo, mentre ancora vive nel tempo”.
Il disegno misterioso di Dio sull’umanità ora è pienamente svelato: a chi accoglie il Verbo fatto carne viene donato il potere di diventare figlio di Dio. L’uomo è chiamato a divenire partecipe della stessa filiazione divina del Verbo: ad essere nel Verbo Incarnato figlio del Padre. E il Padre genera nel Verbo Incarnato anche ogni uomo e in lui vede e ama ogni persona umana. È la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo. Riscopriamo in noi questa dignità di figli, ricevuta nel battesimo, e impegniamoci a rispettare la dignità di quanti incontriamo sul nostro cammino: nostri fratelli e figli come noi.

Santa domenica a tutti

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la parola della domenica (Anno B, SOLENNITA’ DI MARIA SS. MADRE DI DIO) - 1 gennaio 2015

SOLENNITA’ DI MARIA SS. MADRE DI DIO

Carissimi amici,

all’inizio di un nuovo anno il brano evangelico ci narra un episodio della vita di una famiglia ebrea, ma l’ambientazione è inusuale per una nascita. Si tratta di una famiglia emarginata socialmente. Eppure il bambino è Dio e la giovane donna l’ha concepito e partorito nella verginità. Alcuni pastori si affrettano, in risposta a un messaggio dal cielo, per riconoscerlo e glorificarlo a loro modo. Oggi celebriamo Maria, la regina della pace, che è Cristo,con il titolo di Madre di Dio, “theotokos”. Questo appellativo è particolarmente caro ai cristiani dell’Est, ai nostri fratelli del mondo ortodosso, ed è profondamente radicato nella loro teologia, ripetuto spesso nelle loro belle liturgie, specialmente nella liturgia bizantina, che è stata considerata la “più perfetta” proprio per via delle sue preghiere ufficiali dedicate al culto di Maria. Cominciamo l’anno nel segno di questo grande mistero.
Cerchiamo allora di approfondire la nostra devozione a Maria, Madre di Dio e nostra, eliminandone, però, ogni traccia di sentimentalismo. Trasmettiamo anche noi, con la testimonianza della vita, la gioia di questa preziosa presenza materna nella nostra vita, soprattutto alle nuove generazioni. Maria, regina della pace riempia il nostro cuore della pace che viene da Dio, ci prenda ogni giorno per mano e ci conduca al suo Figlio Gesù.

Auguro a tutti voi un sereno anno 2015 da vivere nella santa volontà di Dio.

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la parola della domenica ((Anno B, festa della SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE) - 28 dicembre 2014

Festa della SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

Carissimi amici,

Celebriamo oggi la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Incredibile! Gesù, la sorgente di vita, il Redentore, la luce dei non credenti, l’onore di Israele, è destinato ad essere un segno di contraddizione; egli che è chiamato a portare la redenzione dovrà, nello stesso tempo, essere la spina che provocherà la perdita di molti uomini. E colei che ha dato alla luce il Redentore, che ha unito in sé l’amore di Dio e quello dell’uomo, è destinata a sopportare il dolore della spada che trapassa il cuore!  Tutto ciò sembra strano, eppure è stato proprio così: l’incredibile è successo. La profezia di Simeone si compie nella sua totalità nei secoli. Il cuore di Maria ha conosciuto il dolore.
Gesù è venuto dai suoi, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1,6); ha portato la luce, ma il mondo è rimasto nelle tenebre. Gesù cercava la redenzione di tutti, ma molti l’hanno respinto, hanno lottato contro di lui. Per costoro è divenuto un segno di condanna. Per questo è segno di divisione: ognuno di noi porta in cuore delle contraddizioni e si scontra con degli ostacoli per seguire Gesù. Dobbiamo imparare ad accogliere il suo amore.
Noi tutti abbiamo nostalgia dell’amore. Ma la nostalgia non basta. Occorre che i raggi dell’amore ci raggiungano e si infiammino per divenire un grande fuoco che ci scaldi e che ci dia il coraggio di vivere e di sacrificarci in nome di Cristo, dono d’amore di Dio per noi.

Auguri a tutte le Famiglie

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La parola della Solennità del natale del Signore - 25 dicembre 2014

Carissimi amici,

Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora tra noi. Oggi non c’è posto per la tristezza, l’Emmanuele, il DIO CON NOI, si è fatto Bambino. La Salvezza è tra noi. Gioiamo ed esultiamo. Il Verbo, la seconda persona della Trinità, si fa carne nel grembo della Vergine Maria per dare a chi lo accoglie e a chi crede in lui il “potere di diventare figli di Dio”.

C’è forse comunione più completa, più perfetta del lasciare all’uomo la possibilità di dividere la vita stessa di Dio? Nel Verbo che si è fatto carne, questo bambino di Betlemme, l’uomo trova l’adozione come figlio. Dio non è più un essere lontano, egli diventa suo padre. Dio non è più un essere lontano, egli diventa suo fratello.
L’uomo assume la sua vera dimensione, perché non è veramente uomo se non in Dio. Facciamo nostre le parole di San Gregorio  Nazianzeno e insieme con lui diciamo:
“Anch’io proclamerò le grandezze di questa presenza: il Verbo si fa carne... È Gesù Cristo, sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli che verranno... Miracolo, non della creazione, ma della ri-creazione... Perché questa festa è il mio compimento, il mio ritorno allo stato originario... Venera questa grotta: grazie ad essa, tu, privo di sensi, sei nutrito dal senso divino, il Verbo divino stesso”. Carissimi, facciamo del nostro cuore la culla per Gesù Bambini, per vivere in esso l’incontro con il Dio dell’amore e della vita.

Auguri a tutti

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La parola della domenica IV del tempo ordinario (Anno B, IV domenica di Avvento) - 21 Dicembre 2014

IV DOMENICA DI AVVENTO

Carissimi Amici,

siamo giunti all’ultima tappa di questo nostro cammino in preparazione alla ormai prossima Solennità del Santo Natale. In questa IV domenica di Avvento la liturgia ci mette dinanzi alla figura di Maria. La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta, gioisci, rallegrati! Dio parla il linguaggio della gioia per questo se­duce sempre, seduce ancora. Maria è la piena di grazia, la riempi­ta di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Ma­ria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest'amore che dà gioia e che è per tutti. Tutti, come lei, amati per sempre. Amati da Dio. Maria resta turbata, ma il suo turbamento è subito diradato dalla rassicurazione dell’Angelo: quel Figlio è il Figlio di Dio. Ed ecco prontamente la sua risposta, sicura e forte: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Sull’esempio di Maria il Signore trovi anche noi disponibili a dire il nostro SI, affinchè la nostra esistenza possa essere da Lui abitata.

Caricato il Saturday, 13 December 2014
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La parola della domenica III del tempo ordinario (Anno B, III domenica di Avvento) - 14 dicembre 2014

III DOMENICA DI AVVENTO

Carissimi Amici,

siamo giunti alla terza domenica di Avvento, la domenica della Gioia che scaturisce dall’avvicinarsi del Natale. Il Signore, già nato tra noi, ogni anno, anzi, ogni giorno, bussa alla porta del nostro cuore e con discrezione chiede di entrare per abitarvi. Come è stata abitata dalla Sua presenza la vita della Vergine Maria, celebrata lo scorso lunedì. Quest’oggi ci ritroviamo nuovamente dinanzi alla figura di Giovanni Battista. Il messaggero, annunciato nel vangelo di domenica scorsa, è descritto in modo più dettagliato dall’evangelista Giovanni. Egli ci ricorda, infatti, i dialoghi che Giovanni Battista ebbe con sacerdoti e leviti, venuti da Gerusalemme per interrogarlo. Era forse il Messia? No, rispose Giovanni Battista: “ Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”, come disse il profeta Isaia”. Sant’Agostino commenta: “Giovanni Battista era una voce, ma in principio il Signore era il Verbo. Giovanni fu una voce per un certo tempo, ma Cristo, che in principio era il Verbo, è il Verbo per l’eternità”. “Egli -dice l’evangelista Giovanni - venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui”. Vi sentiamo un’eco del prologo: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Anche noi dobbiamo essere suoi testimoni (Gv 15,27) e ciò, prima di tutto, nella santità delle nostre vite perché “ mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia ” (Is 61,10). Lasciamoci illuminare dalla LUCE che viene per illuminare le tenebre che avvolgono la nostra esistenza.

Santa Domenica a tutti.

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La parola della Solennità dell'Immacolata Concezione

SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA

Carissimi Amici,

la Chiesa universale oggi gioiste per questa solennità mariana che ci prepara alle prossime feste natalizie. Nel Vangelo di Luca è sviluppato il racconto dell'annuncio dell’angelo a Maria. L'angelo Gabriele entra da lei. È bello pensare che Dio ti sfiora, ti tocca nella tua vita quotidiana, nella tua casa. Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime oppure quando dici a chi ami le parole più belle che sai.
La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. «chaire, rallegrati, gioisci, sii felice». Non chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio,  viene e porta una promessa di felicità.

La seconda parola dell'angelo svela il perché della gioia: sei piena di grazia. Un termine nuovo, mai risuonato prima nella bibbia o nelle sinagoghe, tale da turbare Maria: sei colmata, riempita di Dio, che si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e tu ne trabocchi. Il suo nome è: amata per sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata. Piena di grazia la chiama l'angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed è la stessa cosa. Non è piena di grazia perché ha detto "sì" a Dio, ma perché Dio ha detto "sì" a lei prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno pieno di grazia, tutti amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre, piccoli o grandi ognuno riempito di cielo. La prima parola di Maria non è un sì, ma una domanda: come è possibile? Sta davanti a Dio con tutta la sua dignità umana, con la sua maturità di donna, con il suo bisogno di capire. Usa l'intelligenza e poi pronuncia il suo sì, che allora ha la potenza di un sì libero e creativo. Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore. Serva è parola che non ha niente di passivo: serva del re è la prima dopo il re, colei che collabora, che crea insieme con il creatore. «La risposta di Maria è una realtà liberante, non una sottomissione remissiva. È lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel "sì" così coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni grandiosi di Dio».
La storia di Maria è anche la mia e la tua storia. Ancora l'angelo è inviato nella tua casa e ti dice: rallegrati, sei pieno di grazia! Dio è dentro di te e ti colma la vita di vita. 

Santa festa dell’Immacolata a tutti e un augurio a quanti ne portano il nome.     

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La parola della domenica II del tempo ordinario (Anno B, II domenica di Avvento) - 7 Dicembre 2014

Carissimi Amici,

L’annuncio della seconda domenica di avvento è spettacolare: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te... Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Giovanni Battista fa il suo ingresso spettacolare nel mondo, vestito di peli di cammello. Le sue parole bruciano l’aria, le sue azioni frustano il vento. Predica “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” ed immerge i suoi discepoli nelle acque del Giordano. Il suo messaggio, pur legato a un momento della storia, è eterno. Si rivolge anche a noi. Anche noi dobbiamo preparare la strada del Signore, poiché un sentiero si spinge fino ai nostri cuori. Sfortunatamente, troppo  spesso, durante l’Avvento, molte distrazioni ci ostacolano nell’accogliere, spiritualmente, il messaggio del Vangelo. Non dovremmo, invece, cercare di dedicare un po’ di tempo alla meditazione di quanto dice san Pietro: “Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia”? L'esempio di vita del Precursore e i suoi inviti ci aiutino tutti a preparare nell'intimo del nostro cuore una degna dimora al Cristo che viene per abitare la nostra vita.

Santa Domenica a tutti. 

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Modificato il Friday, 05 December 2014
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La parola della domenica I del tempo ordinario (Anno B, I domenica di Avvento) - 30 Novembre 2014

I DOMENICA DI AVVENTO

Carissimi Amici,

Iniziamo in questa I domenica di avvento il nuovo anno liturgico preparandoci alla solennità del santo Natale. L’Avvento è il tempo del­la speranza. Avvento vuol dire avvicinarsi, venire vicino. E‘ il tempo di coloro che sono incamminati, in cui tutto si fa più vicino: Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso. E’ il tempo in cui impariamo che cosa sia davvero urgen­te nella nostra vita: abbreviare le distanze che spesso creiamo con i nostri fratelli, trac­ciare cammini d'incontro con quanti Dio stesso ci mette accanto. Nel Vangelo il padrone se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi: ciò è un atto di fiducia grande, da parte di Dio nei confronti delle sue creature; e, da parte nostra un impegno ad essere responsabili per non deludere mai la fiducia che Dio ripone in noi. Il Vangelo ci propone: “fate atten­zione e vegliate”. Un invito a non assopirci tra le cose del mondo, a non essere distratti o addirittura disinteressati alle nuove sfide che il mondo (che noi siamo e formiamo) presenta.  Molto spesso viviamo la nostra esistenza con gesti senz'ani­ma, parole senza cuore. Siamo invitati a vivere con attenzione alle persone, alle loro pa­role, ai loro silenzi, alle do­mande mute e alla ricchezza dei loro doni. Quanta ric­chezza di doni sprecata at­torno a noi, ricchezza di in­telligenza, di sentimenti, di bontà, che noi distratti non sappiamo vedere. Siamo invitati anche a vegliare perché c'è un futu­ro; perché non è tutto qui, il nostro segreto è oltre noi. Vegliare perché c'è una prospettiva, una direzione, un approdo. Vegliare per guardare avanti, vedere nella notte, scorgere i primi bagliori dell'alba. Vegliare su tutto ciò che na­sce, sui primi passi della pa­ce, sui germogli della luce. Attesa, attenzione, vigilanza sono i termini tipici del tempo dell'Avvento e in­dicano che tutta la vita del­l'uomo è tensione verso la vita. Accogliamo la Vita che il Verbo incarnato viene a donarci. Allora sarà davvero Natale: rinascita dell’uomo in Dio. Buon cammino d’Avvento.

Santa Domenica a tutti.

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La parola della domenica XXXIV del tempo ordinario (Anno A, Solennità di Cristo re dell'Universo) - 23 Novembre 2014

Carissimi Amici,

in questa ultima domenica del tempo ordinario (la prossima sarà la I di Avvento) la Chiesa Universale celebra la solennità di Cristo Re dell’Universo. Una regalità, come ci presentano le letture odierne, esercitata con pazienza, amore e misericordia. Cristo tornerà nella gloria con tutti i suoi angeli come Pastore che compirà una separazione tra pecore e capri, tra buoni e cattivi. Alla luce della Parola di Dio, comprendiamo che Gesù sta nel posto dove noi non vorremmo mai essere: nell’ultimo posto. Ed è altrettanto bello e consolante sapere che Dio non mi giudicherà secondo le mie debolezze, ma attraverso i miei gesti di bontà. Dio distoglie sempre il suo sguardo dal male per fissarlo sempre sul bene. Dio ha legato la nostra salvezza ad un pò di pane condiviso, ad un bicchiere di acqua offerto, ad un vestito donato, ad una visita fatta. Il nostro futuro, il cielo e il paradiso, è generato dal bene che faremo su questa terra nei confronti dei fratelli bisognosi che Dio stesso ci mette accanto. Se questa sarà la nostra vita, se questo diventerà il nostro quotidiano impegno, se questo sarà il bene che, al di là di qualsiasi difficoltà, non smetteremo mai di compiere, anche per noi il paradiso si spalancherà con la soavità di quella voce paterna che a ciascuno di noi ripeterà: VIENI BENEDETTO DEL PADRE MIO.

Santa Domenica a tutti.

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La parola della domenica XXXIII del tempo ordinario (Anno A) - 16 Novembre 2014

Carissimi Amici,

questa  XXXIII domenica, penultima del Tempo Ordinario ci presenta la parabola dei talenti. Essa parla della venuta di Gesù per il giudizio universale. Quando ritornerà, egli esigerà di sapere da noi come abbiamo usato il nostro tempo, cosa abbiamo fatto della nostra vita e dei talenti che abbiamo ricevuto, cioè delle nostre capacità. È come se fossimo invitati a fare il bilancio di fine anno (come si fa in economia) sulla nostra vita cristiana. Vedere cosa potevamo fare di più e non abbiamo fatto nei confronti dei nostri fratelli (carità), ma anche per noi stessi (Testimonianza con la vita del nostro essere cristiani). Se siamo stati in grado di usare bene i talenti che il Signore a ciascuno di noi ha dato, ci sarà un premio da ricevere.  Il premio per il buon uso sarà la partecipazione alla gioia del Signore, cioè al banchetto eterno. La parabola racchiude un insegnamento fondamentale: Dio non misurerà né conterà i nostri acquisti, le nostre realizzazioni. Non ci chiederà se abbiamo compiuto delle prodezze ammirate dal mondo, perché ciò non dipende da noi, ma è in parte condizionato dai talenti che abbiamo ricevuto. Vengono tenute in conto soltanto la fedeltà, l’assiduità e la carità con le quali noi avremo fatto fronte ai nostri doveri, anche se i più umili e i più ordinari. Il terzo servitore, “malvagio e infingardo” ha una falsa immagine del padrone (di Dio). Il peggio è che non lo ama. La paura nei confronti del padrone l’ha paralizzato ed ha agito in modo maldestro, senza assumersi nessun rischio. Così ha sotterrato il suo talento. Dio si aspetta da noi una risposta gioiosa, un impegno che proviene dall’amore e dalla nostra prontezza ad assumere rischi e ad affrontare difficoltà. I talenti possono significare le capacità naturali, i doni e i carismi ricevuti dallo Spirito Santo, ma anche il Vangelo, la rivelazione, e la salvezza che Cristo ha trasmesso alla Chiesa. Tutti i credenti hanno il dovere di ritrasmettere questi doni, a parole e a fatti .Il Signore non sa che farsene di cristiani che si riempiono solo la bocca del suo nome, ma aiuta, sostiene, accompagna e salva chi, nonostante i propri limiti, si sforza quotidianamente a comprendere, accogliere, fare la su santa volontà con la testimonianza della propria vita. Testimonianza gioiosa e credibile.

 

Santa Domenica a tutti.

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La parola della domenica XXXII del tempo ordinario (Anno A) - 9 Novembre 2014..

Carissimi Amici,

in questa domenica celebriamo la festa della Dedicazione della Basilica Lateranense (San Giovanni in Laterano. Roma). Essa è la Cattedrale del mondo cattolica, la Chiesa Madre di tutte le Chiesa. È la Cattedrale del vescovo di Roma, che è il Papa, che presiede nella carità tutte le chiese locali. Ecco quindi alcuni cenni storici e alcune riflessioni per capire meglio e approfondire la festività odierna. Quando l’imperatore romano Costantino si convertì alla religione cristiana, verso il 312, donò al papa Milziade il palazzo del Laterano, che egli aveva fatto costruire sul Celio per sua moglie Fausta. Verso il 320, vi aggiunse una chiesa, la chiesa del Laterano, la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe. Consacrata dal papa Silvestro il 9 novembre 324, col nome di basilica del Santo Salvatore, essa fu la prima chiesa in assoluto ad essere pubblicamente consacrata. Nel corso del XII secolo, per via del suo battistero, che è il più antico di Roma, fu dedicata a san Giovanni Battista; donde la sua corrente denominazione di basilica di San Giovanni in Laterano. Per più di dieci secoli, i papi ebbero la loro residenza nelle sue vicinanze e fra le sue mura si tennero duecentocinquanta concili, di cui cinque ecumenici. Semidistrutta dagli incendi, dalle guerre e dall’abbandono, venne ricostruita sotto il pontificato di Benedetto XIII e venne di nuovo consacrata nel 1726.

Basilica e cattedrale di Roma, la prima di tutte le chiese del mondo, essa è il primo segno esteriore e sensibile della vittoria della fede cristiana sul paganesimo occidentale. Durante l’era delle persecuzioni, che si estende ai primi tre secoli della storia della Chiesa, ogni manifestazione di fede si rivelava pericolosa e perciò i cristiani non potevano celebrare il loro Dio apertamente. Per tutti i cristiani reduci dalle “catacombe”, la basilica del Laterano fu il luogo dove potevano finalmente adorare e celebrare pubblicamente Cristo Salvatore. Quell’edificio di pietre, costruito per onorare il Salvatore del mondo, era il simbolo della vittoria, fino ad allora nascosta, della testimonianza dei numerosi martiri. Segno tangibile del tempio spirituale che è il cuore del cristiano, esorta a rendere gloria a colui che si è fatto carne e che, morto e risorto, vive nell’eternità.

L’anniversario della sua dedicazione, celebrato originariamente solo a Roma, si commemora da tutte le comunità di rito romano. Questa festa deve far sì che si rinnovi in noi l’amore e l’attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa. Il mistero di Cristo, venuto “non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47), deve infiammare i nostri cuori, e la testimonianza delle nostre vite dedicate completamente al servizio del Signore e dei nostri fratelli potrà ricordare al mondo la forza dell’amore di Dio, meglio di quanto lo possa fare un edificio in pietra. Il Tempio santo di Dio siamo noi, pietre vive del suo Corpo Mistico: la CHIESA

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La parola della giornata della commemorazione di Tutti i Defunti - 2 Novembre 2014

Carissimi Amici,

nella memoria odierna la liturgia ha un ricordo particolare per tutti i defunti; per tutti coloro che ci hanno amate e che abbiamo amato e che ora vivono in Dio. La morte, anche se è scontata, rimane un evento umanamente inaccettabile. Eppure questa memoria ci fa dire ai nostri cari che li vogliamo ancora bene e come cristiani li affidiamo al Signore che ci ha detto “Io sono la risurrezione e la vita”(Gv. 11,25). La nostra esperienza umana so­stiene che tutto va dalla vi­ta verso la morte. La fede cristiana dichiara invece che l’esistenza dell’uomo va dalla morte alla vita. Dal santuario di Dio che è la terra e dove nessun uomo può restare a vivere, le porte della morte condu­cono verso l’esterno. Aprono i battenti sulla vita eterna! In suffragio dei nostri cari facciamo in questo mese, interamente dedicato a loro, delle opere di carità nei confronti dei più bisognosi. Non facciamo mancare loro la nostra preghiera e chiediamo al Signore il dono di continuare a sentirli vicini tramite Lui, che è Padre loro e nostro. L'eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen.

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La parola della Festività di Tutti i Santi - tempo ordinario (Anno A) - 1 Novembre 2014

Carissimi Amici,

“nelle beatitudini è la regola della Santità”. È in queste brevi parole che possiamo riassumere la solennità che oggi celebriamo: TUTTI I SANTI. Il Vangelo di oggi riaccende la nostal­gia di un mondo fatto di bontà, di non violenza, di sin­cerità, di solidarietà. Disegna un modo tutto diverso di essere uomini, amici del genere umano e al tempo stesso amici di Dio, che amano il cielo e che custodiscono la terra, sedotti dall'Eterno eppu­re innamorati di questo tempo difficile e confuso. Questo è il modo di vivere dei Santi; questi sono i santi! IlVangelo ci presenta nelle beati­tudini la regola della santità; esse non evocano cose straordinarie, ma vicende di tutti i giorni, una trama di situazioni comuni, fatiche, speranze, lacrime: nostro pa­ne quotidiano. Nel suo elenco ci siamo tutti: i po­veri, i piangenti, gli incompresi, quelli dagli occhi puri, che non contano niente agli occhi impuri e avidi del mondo, ma che sono capaci di posare una carezza sul fondo dell'anima, sono capaci di regalarti un'emozione profonda e vera. E c'è perfino la santità delle lacrime, di coloro che molto han­no pianto, che sono il tesoro di Dio.Carissimi, contemplando la Comunione dei Santi siamo invitati alla gioia e alla speranza. Santi siamo anche noi, se viviamo davvero il nostro Battesimo che ci ha inseriti in Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore.

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La parola della domenica XXX del tempo ordinario (Anno A) - 26 Ottobre 2014

Carissimi Amici,

il Vangelo di questa XXX domenica del tempo ordinario ha inizio con un’altra domanda rivolta a Gesù dai farisei: “Qual è il grande comandamento?”. La risposta è “TU AMERAI”. Scriveva il Papa emerito Benedetto XXVI:  

“ Prima di esser un comando, l’amore è un dono, una realtà che Dio fa conoscere e sperimentare, così che, come un seme, possa germogliare anche dentro di noi e svilupparsi nella nostra vita”. Dio sa benissimo che abbiamo bisogno di molto amore per vivere bene. E possiamo dire che proprio in questa pagina di Vangelo ci offra la via maestra per realizzare il nostro vivere bene: Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. AMARE SEMPRE! Senza mezze misure. TUTTI! Ma da dove dobbiamo cominciare per amare? Dobbiamo cominciare ad amare lasciandoci amare dal Signore, che entra, dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che siamo noi. Solo così saremo capaci di amare Dio e il prossimo (simile a Dio). Il volto del prossimo e da leggere come un libro sacro. Carissimi, san Giacomo nelle sue lettere ci dice che se non amiamo il nostro fratello che vediamo, non possiamo amare Dio che non vediamo. Ecco il messaggio che Gesù ci consegna quest’oggi. Abbandoniamoci fiduciosi a Lui e tutto ciò si realizzerà anche nella nostra vita.

Santa Domenica a tutti

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La parola della domenica XXIX del tempo ordinario (Anno A) - 19 Ottobre 2014

Carissimi Amici,

Nel Vangelo di questa domenica, i farisei cercano di mettere in difficoltà Gesù con una domanda: «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Comunque avesse risposto, Gesù avrebbe dato dei motivi alla malizia dei farisei. Infatti, se rispondeva "sì", ciò poteva essere visto come uno sminuire il potere di Dio sul suo popolo, per gli Ebrei era infatti inconcepibile dover pagare un tributo ad una autorità che non fosse stata quella di Dio; se rispondeva "no", ciò poteva essere chiaramente visto come una ribellione al governo di Roma.

Gesù sfugge al tranello dei farisei, dicendo: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Con queste parole Gesù divide quella che è l'autorità civile da quella che è l'autorità religiosa. Questi sono due ambiti differenti: l'autorità civile mira al bene pubblico temporale; quella religiosa, al bene spirituale ed eterno delle anime. Questi due poteri sono distinti, anche se l'autorità civile deve sempre rispettare i Comandamenti di Dio. Da questo deriva l’impegno che i cittadini devono osservare le leggi dello Stato, sempre che siano giuste e non contrarie ai principi morali e religiosi e al bene comune. Lo Stato non può esigere ciò che è dovuto solo a Dio, e il cristiano deve mantenere e difendere la sua libertà di onorare Dio al di sopra di tutto.

La moneta che i farisei mostrano a Gesù reca l'immagine di Cesare, ma nella nostra anima vi è un'immagine molto più preziosa: quella di Dio. Creati a sua immagine e somiglianza, dentro di noi rechiamo l'immagine del Creatore, e siamo tenuti a dargli ciò che è dovuto, ovvero la stessa vita che Egli ci ha donato. Ai giorni d'oggi si parla molto dei doveri dei cittadini nei confronti dello Stato, ma poche volte ci si ricorda dei doveri ancor più grandi che noi abbiamo nei confronti di Dio. Si cerca, infatti, di emanciparci quanto più è possibile da Lui, rivendicando una presunta autonomia nei riguardi di chi ci ha creati e redenti. Non c'è più stolta presunzione di questa. Impariamo, cari amici, che solo nell'obbedienza alla Volontà di Dio troveremo la nostra più autentica realizzazione.

Caricato il Saturday, 11 October 2014
Modificato il Saturday, 18 October 2014
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La parola della domenica XXVIII del tempo ordinario (Anno A) - 12 Ottobre 2014

Carissimi Amici,

in questa XXVIII domenica del tempo ordinario Gesù ci mette d’innanzi alla parabola del banchetto di nozze narrata nel Vangelo. Essa è un forte invito per coloro che si credono i privilegiati della fede, gli eletti (come abbiamo già visto nelle domeniche passate). Ancora una volta Gesù si rivolge ai capi dei sacerdoti, ai farisei, agli anziani del popolo, che non avvertono più il bisogno della conversione. Il richiamo all’abito nuziale allude a uno stile di vita coerente con la fede. A noi cristiani ci ricorda la dignità di figli ricevuta con il sacramento del Battesimo, la veste bianca da portare senza macchia per tutta la vita. Il banchetto di nozze di cui si parla nel vangelo è prefigurazione del banchetto eucaristico. Ogni giorno Dio prepara con amore e per amore la mensa per ciascuno di noi. La tavola che Dio imbandisce per noi è l’altare dove Egli non mette si di essa cibi prelibati, ma se stesso, il Suo Corpo e il Suo Sangue. E a questa mensa che siamo chiamati a sfamare la nostra fame e a dissetare la nostra sete, perché con la forza di questo cibo spirituale possiamo affrontare con fortezza il percorso della nostra vita umana e cristiana. Come umanamente non possiamo vivere senza cibarci di cibo materiale, così, come cristiani, non possiamo vivere se non ci cibiamo di Eucaristia. È questo l’impegno che il Signore ci affida oggi e noi tutti dobbiamo sentirci privilegiati per essere tra gli invitati che Dio invita al suo banchetto per far festa con Lui: FESTA DI FAMIGLIA 

Santa Domenica a tutti

Caricato il Friday, 03 October 2014
Modificato il Friday, 10 October 2014
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La parola della domenica XXVII del tempo ordinario (Anno A) - 5 Ottobre 2014

Carissimi Amici,

in questa XXVII domenica del tempo ordinario ci ritroviamo, ancora una volta, dinanzi all’immagine della vigna. Il popolo di Israele, vigna che Dio (il Padrone) ha scelto, non ha corrisposto al suo amore. I contadini rappresentano i capi del popolo, i servi rappresentano i profeti e il Figlio che il Padrone manda per ultimo nella vigna è Gesù, che sarà cacciato fuori dalla vigna (Gerusalemme)per essere ucciso (crocifisso). Isaia nella prima lettura ci presenta un Dio appassionato, che fa per noi, per me, ciò che nessuno farà mai. E’ l’immagine Di Dio contadino che dedica alla vigna più cure che ad ogni altro campo. Dio desidera amarci e desidera che noi ci lasciamo amare da Lui. Lui non è un padrone ma è il Padre, il nostro Padre. Non possiamo essere suoi figli senza accogliere Gesù nella nostra vita, aderendo a lui con l’obbedienza della fede e con le opere di carità. E’ la nostra vita innestata in Cristo, come il tralcio nella vite. Senza questo innesto non ci sono frutti. Impegniamoci quotidianamente a lavorare nella vigna della Chiesa perché possiamo offrire al Signore non l’uva selvatica del nostro egoismo, ma frutti maturi di fratellanza.

Santa Domenica a tutti

Caricato il Saturday, 27 September 2014
Modificato il Friday, 03 October 2014
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La parola della domenica XXVI del tempo ordinario (Anno A) - 28 Settembre 2014

Carissimi Amici,

in questa domenica Gesù ci parla attraverso una parabola dei due figli invitati dal padre a lavorare nella propria vigna. In quei due figli è rappresentato ognuno di noi, con in sé un cuore diviso, un cuore che dice «sì» e uno che dice «no», che dice e poi si contraddice. A questo proposito mi vengono in mente le parole di San Paolo (Rm 7,15.19) il quale dice: “infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Il Signore conosce benissimo come siamo fatti. Il primo figlio che dice «no», è un ribelle; il secondo che dice «sì» e non fa', è un servile. Non esiste un terzo figlio ideale. Ad un certo punto però qualcosa viene a disarmare il rifiuto del figlio che ha detto no: «si pentì». Pentirsi significa «cambiare mentalità, cambiare il modo di vedere», di vedere il padre e la vigna. Il padre non è più un padrone da obbedire o da ingannare, ma il capo famiglia che mi chiama in una vigna che è anche mia, per una vendemmia abbondante, per un vino di festa per tutta la casa. E la fatica diventa piena di speranza. Sull’esempio di Cristo anche noi siamo chiamati, come ci dice San Paolo nella seconda lettura, ad essere obbedienti fino alla morte: per amore del Padre,e per amore dell’uomo.

Santa Domenica a tutti